VeneziaCAMP2009: rotta verso l’Arsenale di Venezia

L'entrata dell'Arsenale dipinta da Canaletto, 1732

Agli abitanti della rete:

Cari amici, siamo in troppi !!!
Il lazzaretto vecchio non può rischiare di avere cittadini digitali lasciati fuori della porta, il traguardo che pensavamo impossibile dei 1.000 aderenti è una soglia ormai abbondantemente superata.

D’intesa con il comune trasferiamo il venezia camp 2009 dal fascino del Lazzaretto Vecchio al posto più affascinante della città: l’Arsenale di Venezia.

Gli spazi che diedero luce ai fasti della Serenissima saranno nuovamente officina di innovazione: dalla pece alla rete, dalle galee al web, l’arsenale sarà di nuovo luogo di “navigazione”.

Tornare coi temi dell’innovazione all’arsenale ha oggi anche una grandissima valenza nell’ottica di un possibile diverso rilancio della città, infatti l’Arsenale costituisce una parte molto estesa della città storica e fu il cuore dell’industria navale veneziana a partire dal XII secolo. È legato al periodo più florido della vita della Serenissima: grazie alle imponenti navi qui costruite, Venezia divenne la grande potenza del mediterraneo che tutti conoscono.

L’Arsenale di Venezia si può considerare la prima fabbrica al mondo, dato che rappresenta l’esempio più importante di grande complesso produttivo a struttura accentrata dell’economia preindustriale. Infatti il termine arsenale deriva dall’arabo daras-sina’ah, cioè “casa d’industria”. Il termine, noto ai Veneziani tramite i loro frequenti contatti commerciali con l’Oriente, sarebbe passato al veneziano darzanà, poi corrotto nel tempo nella forma arzanà, citata anche da Dante nella Divina Commedia, quindi, attraverso arzanàl e arsenàl, alla forma finale di arsenàle. (fonte: Wikipedia).

« Quale nell’arzanà de’ Viniziani
bolle l’inverno la tenace pece
a rimpalmare i legni lor non sani,
ché navicar non ponno – in quella vece
chi fa suo legno nuovo e chi ristoppa
le coste a quel che più vïaggi fece;
chi ribatte da proda e chi da poppa;
altri fa remi e altri volge sarte;
chi terzeruolo e artimon rintoppa -;
tal, non per foco ma per divin’ arte,
bollia là giuso una pegola spessa,
che ‘nviscava la ripa d’ogne parte. »
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, XXI, vv. 7-18)

Date ed orari rimangono invariati. vi aspettiamo il 23, 24 e 25 ottobre 2009 senza limiti di capienza !!!

Il comitato organizzatore: Gianluigi Cogo, Roberto Scano, Andrea Casadei

Calatrava: il ponte non è sicuro

Son di ieri i titoli su “Il Gazzettino” di Venezia relativi alla pericolosità del ponte, articoli riportati poi anche sulla stampa nazionale.
In questo sito sono state riportate spesso le testimonianze di chi ha realizzato il ponte (Lorenzon), le varie iniziative di protesta, ecc. ma oggi la doccia fredda arriva proprio dall’Autorità sui lavori pubblici. Cito da “La Stampa”:

l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici in un documento datato 15 luglio 2009 e firmato dal presidente Luigi Giampaolino e dal relatore Andrea Camanzi, il ponte non è un’opera «pienamente funzionate»: è stato collaudato, ma non ha passato l’esame a pieni voti e lo stesso collaudatore per utilizzarlo si è raccomandato che venga continuamente monitorato per garantire «i livelli di sicurezza minimi della norma». A breve, aggiunge il quotidiano, verrà chiuso per una «stretta ai martinetti».

Nel collaudo sarebbero apparse alcune criticità e lo stesso collaudo sarebbe stato subordinato all’adozione di un piano di monitoraggio strutturale, riprova che il progettista non avrebbe rispettato l’obbligo di «fornire un progetto di opera pienamente funzionante». Una situazione che ovviamente causerà anche rilevanti danni erariali. Il collaudo dell`opera «ha evidenziato non pochi lati oscuri, esprimendosi, tra l`altro, sulla necessità della variante sulla fondazioni». L`Autorità ricorda come esistano due livelli di collaudabilità: rispetto agli «stati limite ultimi», ovvero le condizioni capaci di evitare la perdita di equilibrio totale fino a compromettere l`incolumità delle persone, e agli «stati limite di esercizio», ovvero le condizioni capaci di garantire la prestazioni previste nell`esercizio di un`opera senza comprometterne l`uso.

Il ponte ha ottenuto solo la prima collaudabilità, mentre per la seconda è stato riscontrato un «carattere incerto, ossia si può perdere anche repentinamente la funzionalità del ponte». «Il collaudatore – continua la relazione riportata dal Gazzettino – ha ravvisato una serie di riserve affatto secondarie sulle condizioni di sicurezza in esercizio dell`opera, tanto da non potersi escludere anche interventi tempestivi per ripristinare i livelli di sicurezza minimi della norma; livelli di sicurezza, appunto, già prossimi ai valori minimi e quindi facilmente superabili, con la conseguente chiusura del ponte per consentire i dovuti interventi». In attesa della reazioni di Calatrava e di Cà Farsetti, una è già arrivata: quella del consigliere comunale della Lega, Alberto Mazzonetto, che ha chiesto le dimissioni dell`assessore ai Lavori pubblici, Mara Rumiz.

Tra pochi giorni sarà l’undici settembre, un anno esatto da cui è stata fatta l’inaugurazione “in sordina”, di un ponte che è nato con problemi e che continua ad averne (tralascio, per non sparare sulla Croce Rossa, il problema dell’ovovia…).
Che dire… io già mi vedo una scena d’altri tempi…

WCAG 2.0 and a new government initiative

Riporto le slide che ho presentato il 1 settembre 2009 all’evento AAATE 2009 nella sessione speciale coordinata da Oreste Signore (W3C Italia) e Judy Brewer (W3C WAI) alla quale ho partecipato in rappresentanza del DIT/FORMEZ e come rappresentante dell’associazione degli sviluppatori esperti in materia di accessibilità (legge 4/2004). Nelle ultime slide viene presentato il progetto dell’osservatorio per l’accessibilità in fase di realizzazione.

Internet: ignoranza, inesperienza oppure…

urloIn questi giorni di caldo estivo si leggono sempre più notizie che portano ad una mia vecchissima teoria, esposta in tempi non sospetti al Webbit 2002: la rete è un ottimo strumento ma per utilizzarlo bisogna conoscerlo e bisogna farci esperienza.
In questo caso mi piace citare una frase di Tim Berners-Lee:

The Web is more a social creation than a technical one. I designed it for a social effect – to help people work together—and not as a technical toy. The ultimate goal of the Web is to support and improve our web-like existence in the world.

E gli effetti sociali li sta chiaramente portando con chiaramente chi tende a promuoverne l’uso sociale ed etico, chi vuole ottenerne dei benefici economici, chi vuole controllare la diffusione di contenuti. E su questo ultimo punto rientra la polemica di questi giorni sul ricorso all’antitrust della Fieg contro lo “strapotere” di google che (sic!) non spiega quale algoritmo utilizza per visualizzare gli articoli all’interno di google news e che (ri-sic!) porta via traffico pubblicitario ai quotidiani.
Su quest’ultima affermazione sono saltato sulla sedia. Da quando esiste la rete, in particolar modo il cosiddetto Web 2.0, si utilizzano tecnologie per condividere le informazioni: la forza della rete sta proprio nella condivisione delle informazioni, con utenti (privati, editori, ecc.) che rendono disponibili dei contenuti (globalmente o parzialmente) secondo specifiche tipologie di licenze, proprio al fine di raggiungere target eterogenei e in settori che non potrebbero raggiungere direttamente con il proprio sito Web. I giornali sono stati i primi a pubblicare nei siti Web gli RSS per essere raggiunti tramite periferiche (palmari) o applicazioni (feed reader) differenti dal classico browser, nonché per essere promossi da altri siti con finalità di portare chiaramente traffico alle pagine. Ed ora invece? Ora dicono a google: smettila di farci pubblicità (gratuita) perché così ci porti via traffico (sic!): come dire al giornalaio di togliere gli “strilloni” perché leggendo i titoli la gente non compra il giornale. Ora le cose sono due: o effettivamente la gente legge solo i titoli e non legge gli articoli, oppure qualcosa non torna.
Google ha quindi dovuto spiegare in modo semplice come funziona la pubblicazione di contenuti nella sezione news.

Primo, l’obiettivo di Google News è sempre stato quello di mettere a disposizione prospettive diverse su una notizia e di portare i lettori di tutto il mondo sui siti degli editori. Noi non visualizziamo le notizie nella loro completezza, piuttosto il nostro approccio è simile a quello che adottiamo per la ricerca su web: mostriamo semplicemente il titolo della notizia, una o due righe di testo e poi il link al sito dell’editore. Insomma, giusto le informazioni utili perché il lettore sia invogliato a leggere l’intero articolo. Una volta che l’utente fa click sul link e viene reindirizzato all’articolo, sta all’editore decidere come trarre profitto dal contenuto. Il giornale può scegliere se far pagare il lettore per accedere all’intero articolo oppure può ospitare pubblicità sul proprio sito.

Vi è poi un altro caso nella cronaca degli ultimi giorni legato alla pubblicazione di messaggi razzisti in una pagina di Facebook aperta utilizzando un finto account (fake) corrispondente ad una sezione di un noto partito politico. La stampa nazionale, anziché concentrarsi sulla problematica del furto d’identità, si è concentrata all’effetto “fishing” da parte dell’autore verso nomi di politici di rilevanza nazionale, catturati dalla smania di dare amicizia a chiunque su facebook e quindi considerati sostenitori di questo messaggio razzista. Anche questo non è un caso isolato: ci sono parecchie personalità che si sono viste “rubare” l’identità in sistemi social quali twitter e facebook, considerando che ancora oggi sono disponibili degli account di ministri che – purtroppo – non sono altro che fake a cui si sono però “abbonate” testate giornalistiche, sedi di partito, ecc.
Alla fine del discorso la domanda da porsi è la seguente: internet è uno splendido strumento di comunicazione ma che ha cambiato il modo di vivere e i rapporti sociali tra le persone. I suddetti casi però dimostrano come una non competenza nell’uso degli strumenti e una “ingeniutà operativa” (ovvero ripetere le operazioni con il classico comportamento della scimietta da laboratorio) possano creare non pochi problemi e fraintendimenti.