Ieri su superando.it è uscito un interessante intervento di Barbara Pianca.
Fino a prima della sua apertura, l’inaccessibilità del ponte era proverbiale in riferimento alle persone con disabilità motoria e a questa “pecca” – che viola tutte le fondamentali normative citate – si è cercato di rimediare individuando un trasporto alternativo per le carrozzine.
Bocciata l’idea del servoscala – che sembrerebbe essere stata presa in considerazione in un primo momento, ma rispetto alla quale siamo in attesa di poter leggere gli atti ufficiali – e dopo aver valutato una serie di proposte avanzate da équipe di esperti, il Comune ha votato una soluzione sperimentale: quella di applicare alla dorsale del ponte la ben nota “ovovia”.
Ecco il primo punto del dibattito. Dopo che l’amministrazione ha scelto di aprire il ponte prima dell’installazione della suddetta ovovia e quindi lasciandolo, per i primi mesi, del tutto inaccessibile, sul quotidiano «La Nuova Venezia» del 2 ottobre si legge che l’ovovia «è ancora lungi dall’essere pronta» e che «in Comune – in via ufficiosa – non si sarebbe più così decisi a realizzarla, se solo le associazioni dei disabili (che hanno sempre subito l’ovovia come extrema ratio, perché non permette l’accesso al ponte, ma solo il lento attraversamento del canale) fossero d’accordo a trovare una soluzione diversa».
Rispetto a questo primo punto, abbiamo contattato il direttore dei lavori per l’ovovia, l’ingegner Ermes Redi, di cui di recente abbiamo pubblicato un’intervista esclusiva. Ci ha risposto di non aver ricevuto alcuna comunicazione di un ripensamento da parte dell’Amministrazione Comunale.
Ci ha riferito invece che i lavori sono a buon punto, tanto che entro una, massimo due settimane, si prevede l’apertura del cantiere sotto il ponte.
Come ci aveva annunciato in quella stessa intervista, si sente poi ancora in grado di confermare il mese di novembre come obiettivo possibile per l’inaugurazione dell’ovovia. Naturalmente, è nostra intenzione seguire passo passo gli sviluppi ed è infatti prossima una nostra visita all’officina dove si sta lavorando all’allestimento della discussa cabina.
Importante inoltre la precisazione di Pietro Barbieri, a seguito della segnalazione di quanto pubblicato ieri sulla Nuova Venezia e in questo blog.
La questione “ovovia sì – ovovia no” poggia però sulla punta di un iceberg alla cui base sta una vicenda di discriminazione. Capire perciò i processi di mala amministrazione che hanno fatto sì che una situazione tanto incresciosa accadesse nel XXI secolo in una delle città più belle del mondo diventa a questo punto la questione principale.
In questo senso si esprime Pietro Barbieri, presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che a breve dovrebbe incontrare il sindaco veneziano Massimo Cacciari per discutere proprio su questi punti e che in una nota ufficiale fornisce anche un’utile precisazione rispetto a quanto scritto il 2 ottobre dal citato quotidiano «La Nuova Venezia».
«A margine dell’articolo di ieri sulla “Nuova Venezia” – scrive Barbieri – che ci ritiene possibilisti circa un “accordo” con il Comune di Venezia rispetto all’inaccessibilità del Ponte progettato da Calatrava, ci teniamo a precisare che l’unico fatto certo è un ventilato incontro con il sindaco della città lagunare. Qualsiasi ipotesi, formulata da altri, che ci veda favorevoli a ipotetiche soluzioni è priva di fondamento. Nel caso poi che tale incontro si formalizzi, la linea da tenere la stabilirà il Direttivo della FISH ed è facile prevedere che, ancora una volta, l’accento verrà posto sui diritti umani e sui principi di non discriminazione approvati dalla Convenzione ONU».
«Un aspetto – prosegue Barbieri – è infatti acclarato. Quell’opera è stata realizzata in violazione al principio di non discriminazione e in violazione del principio della progettazione universale, due capisaldi della Convenzione e di altre importanti dichiarazioni internazionali. Ovovie, sollevatori, biglietti gratuiti sui trasporti pubblici a mo’ di indennizzo non rappresentano un “accomodamento ragionevole”, ammesso dalla Convenzione solo nel caso di particolari disabilità e solo in casi estremi. Il ponte doveva essere progettato, finanziato e realizzato con la logica della progettazione universale, cioè tenendo in considerazione anche anziani, persone con problemi visivi, persone con difficoltà a deambulare e persone in carrozzina. Cittadini a tutti gli effetti. Una lacuna vieppiù grave, visto l’abito epocale attribuito all’opera».
«Il nostro timore maggiore – conclude Barbieri – è che l’ovovia o qualsiasi altra soluzione, rappresenti il prototipo di “accomodamento ragionevole” e invece non lo è affatto. È solo un “rattoppo” che tenta di coprire lo “strappo” della discriminazione. Quel ponte poteva e doveva essere accessibile e solo allora essere degno del nome scelto: “Ponte della Costituzione”. La vittoria culturale – prima ancora che giudiziaria – sarebbe far comprendere questo principio».