Calatrava: a che serve un ponte?

Dopo aver letto l’ennesimo articolo pubblicato da “La Nuova Venezia” oggi 6 settembre, rimango colpito dalla chiusura finale che riporto “E tra qualche giorno il ponte diventerà visibile a tutti, e forse la sua bellezza, che nessuno contesta, cancellerà i ricordi delle inadempienze degli ultimi anni. Un segno della modernità all’entrata del Canal Grande. Ma anche, ripete il sindaco, «un segno per tutti coloro che credono davvero nel futuro di questa città».
Un paese civile con un sistema democratico non realizza opere pubbliche per “segno della modernità”. Per questo ci sono musei e opere d’arte. Un ponte non è un’opera d’arte, è un’opera funzionale che può anche rivestire carattere artistico. Ma prima di tutto è un’opera funzionale: se non è funzionale, o lo è solo in parte, è snaturata la sua funzione. Se a questo si aggiunge che la funzionalità parziale distingue in categorie persone che sulla carta hanno gli stessi diritti, allora questo ponte è un “mostro normativo”, tutto, ma non “segno della modernità”.
A meno che la modernità non significhi ghetto e esclusione.

Calatrava: e ora, il cinegiornale!

Riporto, con l’autorizzazione dell’autore, un post di Aldo Corsa nella lista di discussione listavista. Il post è un commento ad un articolo uscito oggi ne “La Nuova Venezia” e riportato in calce.

Avete presente quei filmati dell’Istituto Luce in cui Mussolini passava in rassegna i mezzi dell’aviazione e, nella certezza di poter dare un apporto determinante, si metteva lui stesso la tuta da meccanico e dava una provvidenziale messa a punto ad un qualche motore d’aereo? Ho sempre trovato affascinate il commento fuori campo che, in perfetta retorica di regime, esaltava le doti sovrumane del Duce il quale eccelleva in qualunque attività si impegnasse dando la polvere a qualsiasi normale professionista.
Ecco, se non l’avete già fatto leggete l’articolo in coda e ditemi se non vi sembra di rivivere quelle atmosfere.

Ma quali leggi, ma quali tecnici. Per testare la sicurezza del neonato ponte vi è salito sopra lo stesso Benito Cacciari che ha firmato personalmente il certificato di agibilità nella certezza che dopo il suo intervento alcun fante, alcuna dama e niuno infante avrà da temer danno a percorrere l’ardito ponte. Egli a forza di pedate e con il suo sguardo indagatore ha arringato gli operai comunali esortandoli a risolvere tutti i potenziali pericoli che erano sfuggiti ai tecnici sofisti e al vanesio architetto.
Venezia tutta ha tratto un sospiro di sollievo.

Apertura prevista fra una settimana e Cacciari fa la prova anti-scivolo

06-09-2008
La Nuova Venezia
Probabilmente sabato o domenica prossimi si potrà transitare
Alberto Vitucci
VENEZIA. «Quando lo apriremo? Bisogna fare solo un po’ di pulizie, sarà aperto qualche giorno prima dell’arrivo del presidente Napolitano». Alla fine, dopo settimane di misteri, il sindaco Cacciari rivela: niente inaugurazioni, ma il ponte di Calatrava sarà aperto la settimana prossima.
Ieri mattina di buon’ora il sindaco era sul ponte per un’intervista e per controllare gli ultimi dettagli dei lavori. A un certo punto è salito in cima e ha fatto con le sue scarpe la prova antiscivolo. I gradini ricoperti di vetro, alle due estremità del ponte, erano infatti ancora visibilmente bagnati dopo le piogge della notte. Ma il materiale impiegato garantisce aderenza anche con le superfici bagnate. «E’ tutto bagnato ma non si scivola», ha comunicato Cacciari via telefono all’assessore Rumiz e ai suoi tecnici, «bene, bene». Poi un’occhiata agli ultimi dettagli che mancano. Trenta centimetri di corrimano, dove dovrebbe andare il logo dell’architetto catalano. «Bisogna coprirli, se no c’è il rischio che qualcuno si faccia male», dice agli operai dell’impresa Cignoni che vigilano sul cantiere. Altro piccolo «neo», le sporgenze in marmo alla base del ponte, disegno a curva voluto da Calatrava. Il sindaco prova ad aggirarle. «Sono belle ma pericolose», dice, «bisogna segnalare per terra l’ostacolo perché nessuno inciampi». Complimenti dal sindaco a coloro che stanno ripulendo e sistemando il passaggio sotto l’ex Dopolavoro Ferroviario. Ultimo tassello per poter aprire la via di comunicazione tanto sospirata. «E’ tutto pronto», dice Cacciari, mancano pochi giorni».
La data più probabile per l’apertura potrebbe essere quella di sabato prossimo, oppure domenica mattina. Ma nulla ufficialmente è deciso. Si sa soltanto che quando il Capo dello Stato arriverà a Venezia il 18 settembre, per partecipare al convegno sui sessant’anni della Costituzione – organizzato dalla Fondazione Pellicani a palazzo Ducale – il ponte sarà già aperto.
Un ponte che comincia ad essere ammirato anche dai veneziani. Dettagli e materiali di lusso, linea modernissima, vista splendida. «Abbiamo cercato di dare il meglio, è un atto di amore per questa città», ha spiegato Calatrava in visita l’altro giorno alla sua creatura. Un «luogo» e non soltanto una infrastruttura, dall’arco slanciato, più largo in cima che alla base per poter ammirare il panorama da un punto di vista inedito. E poi materiali e rifiniture degni di un’opera d’arte. «Ritardi ci sono stati e aumenti di prezzi anche», dice Cacciari, «ma un’opera del genere non poteva costare un cent di meno. La Corte dei Conti indaga? Fa il suo lavoro, è giusto, ma tutto si è svolto regolarmente, lo dimostreremo».
E tra qualche giorno il ponte diventerà visibile a tutti, e forse la sua bellezza, che nessuno contesta, cancellerà i ricordi delle inadempienze degli ultimi anni. Un segno della modernità all’entrata del Canal Grande. Ma anche, ripete il sindaco, «un segno per tutti coloro che credono davvero nel futuro di questa città».

Calatrava: quale ovovia?

Ricevo e pubblico volentieri una nota dell’architetto Fernando De Simone, specializzato in trasporti e costruzioni sotterranee e sottomarine su un argomento che, tempo fa, ha avuto spazio anche nella stampa locale. L’argomento è la tanto contestata (dai disabili, e non solo) ovovia che – a pensiero dell’amministrazione comunale – sarebbe la panacea per tutti i problemi di disabilità.

Desidero informarLa che, con la mia rappresentata svizzera Intamin (www.intamintransportation.com),il 7 dicembre 2007 ho presentato all’assessore Mara Rumiz, la proposta per la realizzazione di un’ovovia in grado di trasportare da una sponda all’altra,in 4 minuti,(5 minuti,nel caso che bisognava richiamarla dall’altra sponda),due disabili in carrozzina e due accompagnatori.
Era compresa la possibilità di fermarsi nel punto più alto dell’attraversamento, per ammirare il panorama.
Il costo ammontava a 1,2 milioni di Euro, ed il tempo di realizzazione, era garantito di 120 giorni al massimo.
Quindi l’avremmo collaudata in maggio. Mi risposero che era impossibile togliere il lavoro a chi aveva vinto la gara,anche se non aveva mai costruito un’ovovia!
La società Intamin le produce in serie,da 40 anni.

Calatrava: non è un’opera pubblica?

Leggo su superando non certo poco contrariato un’intervista all’urbanista Roberto D’Agostino (già assessore all’urbanistica nel 2002 con il sindaco Paolo Costa) di cui riporto un estratto:

Come è stato detto in molti interventi di questi giorni, la cosiddetta ovovia che arrancherà su un lato del ponte della Costituzione [tale denominazione non è ancora ufficiale. Si tratta infatti, al momento, di una proposta del sindaco di Venezia Massimo Cacciari, N.d.R.] non verrà mai utilizzata: per la sua scomodità, per la sua lentezza, per il disagio, anche simbolico, che ne caratterizza l'uso e perché là dove parte questo ridicolo aggeggio, parte anche un grande numero di vaporetti che in tre minuti uniscono i due lati della città.
Nonostante questo, si stanno spendendo un sacco di soldi a cui vanno aggiunti gli ignoti, ma certamente grandi, oneri di gestione che peseranno anno dopo anno sulla città, per realizzare un'opera del tutto e dichiaratamente inutile.

Si dice che si tratta di un intervento indispensabile per legge in quanto un'opera pubblica dev'essere priva di barriere architettoniche e che è stato un errore (del progettista, dell'Amministrazione?) non avere previsto in sede di progettazione un supporto meccanico per l'attraversamento del ponte. Due affermazioni non vere.
Innanzi tutto se si guardano le spallette terminali in pietra d'Istria, si vedrà che esse hanno un alloggiamento pensato da Calatrava per accogliere il servo scala, qualora fosse stato necessario. Anche il servo scala non verrebbe mai utilizzato, ma almeno costerebbe una frazione dei costi dell'ovovia e non creerebbe pregiudizi alla qualità dell'opera.
Ma c'è di più. Il ponte non è un'opera pubblica che debba essere fruita in quanto tale (e infatti l'ovovia non ne consente la fruizione, ma è un aggeggio posticcio che corre a lato del ponte e potrebbe benissimo essere altrove), bensì una delle strutture di collegamento tra due parti della città – Piazzale Roma e la Ferrovia – che debbono essere raggiunte senza che vi siano barriere architettoniche. Come per collegare i diversi piani di un edificio pubblico vi sono le scale e gli ascensori, per collegare quelle due parti di città vi sono i ponti (le scale) e i vaporetti (gli ascensori). Si può dire anzi che quella è una delle poche parti di Venezia accessibile a tutti.
Dunque la polemica sulle barriere architettoniche relative a quella specifica opera può essere capita e, in questo senso, può anche avere avuto una forte e giusta funzione simbolica, come uso strumentale del nuovo ponte progettato da un grande architetto per porre un problema reale che riguarda tutta Venezia (ma non, paradossalmente, quella parte di città).
In conclusione, non solo il ponte dovrebbe essere inaugurato con orgoglio e senza i timori di una contestazione becera e strumentale, ma si dovrebbe anche avere il coraggio di interrompere la realizzazione della ridicola, costosa e inutile ovovia.

Secondo d’Agostino, sin dal titolo del suo intervento sulla stampa locale, i veneziani non sono all’altezza della città. Ma non è forse che sono gli amministratori a non essere all’altezza nell’applicazione di normative già citate più volte? A questo punto mi viene fortemente il dubbio che non si è trattato di una dimenticanza ma di una interpretazione (a mio avviso errata) di una normativa solo fine di non danneggiare il ponte e fatta dai “fan del mattone” (rubo questa frase virgolettata dalle dichiarazioni dell’ex consigliere delegato alle problematiche della disabilità, il sig. Toso) tra cui presumo rientri anche questo urbanista…

Calatrava: ecco i colpevoli!

Prendo spunto da un post in listavista di Donato Taddei per riesumare la legge 104/92 del 5 febbraio 1992 (comicamente il giorno del mio compleanno). In particolare va focalizzato l’art. 24 comma 5:

5. Nel caso di opere pubbliche, fermi restando il divieto di finanziamento di cui all’articolo 32, comma 20, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e l’obbligo della dichiarazione del progettista, l’accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche spetta all’Amministrazione competente, che ne dà atto in sede di approvazione del progetto.

Ricordiamo anche per i più smemorati quanto dice l’art. 32 comma 20 della legge 28 febbraio 1986 n. 41:

20 . Non possono essere approvati progetti di costruzione o ristrutturazione di opere pubbliche che non siano conformi alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384 , in materia di superamento delle barriere architettoniche. Non possono altresì essere erogati dallo Stato o da altri enti pubblici contributi o agevolazioni per la realizzazione di progetti in contrasto con le norme di cui al medesimo decreto.

Le normative suddette sembrano lampanti così come lampante è chi deve assumersi la colpa di questo “abuso edilizio” che:

  • Ii progettista doveva dichiarare la conformità dell’opera ai requisiti del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384. Se esiste tale dichiarazione, sarebbe interessante renderla pubblica, con nomi e cognomi;
  • l’accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche spetta all’Amministrazione competente che ne dà atto in sede di approvazione del progetto;
  • non poteva essere finanziato (tra l’altro con fondi della Legge Speciale per Venezia) in quanto non rispettoso delle normative in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.

Si fa presto tirare le somme su chi sono i colpevoli…
… forse gli stessi che oggi hanno all’unanimità approvato il nome “Ponte della Costituzione” ? Settanta anni or sono, il 1° e il 2 settembre 1938, il Consiglio dei ministri del Regno d’Italia si riunì per approvare le prime leggi antisemite della storia dell’Italia unita… oggi si assegna un nome importante come la “Costituzione” a qualcosa che la viola palesemente (oltre a violare le suddette normative)…