Dopo aver letto l’ennesimo articolo pubblicato da “La Nuova Venezia” oggi 6 settembre, rimango colpito dalla chiusura finale che riporto “E tra qualche giorno il ponte diventerà visibile a tutti, e forse la sua bellezza, che nessuno contesta, cancellerà i ricordi delle inadempienze degli ultimi anni. Un segno della modernità all’entrata del Canal Grande. Ma anche, ripete il sindaco, «un segno per tutti coloro che credono davvero nel futuro di questa città».”
Un paese civile con un sistema democratico non realizza opere pubbliche per “segno della modernità”. Per questo ci sono musei e opere d’arte. Un ponte non è un’opera d’arte, è un’opera funzionale che può anche rivestire carattere artistico. Ma prima di tutto è un’opera funzionale: se non è funzionale, o lo è solo in parte, è snaturata la sua funzione. Se a questo si aggiunge che la funzionalità parziale distingue in categorie persone che sulla carta hanno gli stessi diritti, allora questo ponte è un “mostro normativo”, tutto, ma non “segno della modernità”.
A meno che la modernità non significhi ghetto e esclusione.