Calatrava: e ora, il cinegiornale!

Riporto, con l’autorizzazione dell’autore, un post di Aldo Corsa nella lista di discussione listavista. Il post è un commento ad un articolo uscito oggi ne “La Nuova Venezia” e riportato in calce.

Avete presente quei filmati dell’Istituto Luce in cui Mussolini passava in rassegna i mezzi dell’aviazione e, nella certezza di poter dare un apporto determinante, si metteva lui stesso la tuta da meccanico e dava una provvidenziale messa a punto ad un qualche motore d’aereo? Ho sempre trovato affascinate il commento fuori campo che, in perfetta retorica di regime, esaltava le doti sovrumane del Duce il quale eccelleva in qualunque attività si impegnasse dando la polvere a qualsiasi normale professionista.
Ecco, se non l’avete già fatto leggete l’articolo in coda e ditemi se non vi sembra di rivivere quelle atmosfere.

Ma quali leggi, ma quali tecnici. Per testare la sicurezza del neonato ponte vi è salito sopra lo stesso Benito Cacciari che ha firmato personalmente il certificato di agibilità nella certezza che dopo il suo intervento alcun fante, alcuna dama e niuno infante avrà da temer danno a percorrere l’ardito ponte. Egli a forza di pedate e con il suo sguardo indagatore ha arringato gli operai comunali esortandoli a risolvere tutti i potenziali pericoli che erano sfuggiti ai tecnici sofisti e al vanesio architetto.
Venezia tutta ha tratto un sospiro di sollievo.

Apertura prevista fra una settimana e Cacciari fa la prova anti-scivolo

06-09-2008
La Nuova Venezia
Probabilmente sabato o domenica prossimi si potrà transitare
Alberto Vitucci
VENEZIA. «Quando lo apriremo? Bisogna fare solo un po’ di pulizie, sarà aperto qualche giorno prima dell’arrivo del presidente Napolitano». Alla fine, dopo settimane di misteri, il sindaco Cacciari rivela: niente inaugurazioni, ma il ponte di Calatrava sarà aperto la settimana prossima.
Ieri mattina di buon’ora il sindaco era sul ponte per un’intervista e per controllare gli ultimi dettagli dei lavori. A un certo punto è salito in cima e ha fatto con le sue scarpe la prova antiscivolo. I gradini ricoperti di vetro, alle due estremità del ponte, erano infatti ancora visibilmente bagnati dopo le piogge della notte. Ma il materiale impiegato garantisce aderenza anche con le superfici bagnate. «E’ tutto bagnato ma non si scivola», ha comunicato Cacciari via telefono all’assessore Rumiz e ai suoi tecnici, «bene, bene». Poi un’occhiata agli ultimi dettagli che mancano. Trenta centimetri di corrimano, dove dovrebbe andare il logo dell’architetto catalano. «Bisogna coprirli, se no c’è il rischio che qualcuno si faccia male», dice agli operai dell’impresa Cignoni che vigilano sul cantiere. Altro piccolo «neo», le sporgenze in marmo alla base del ponte, disegno a curva voluto da Calatrava. Il sindaco prova ad aggirarle. «Sono belle ma pericolose», dice, «bisogna segnalare per terra l’ostacolo perché nessuno inciampi». Complimenti dal sindaco a coloro che stanno ripulendo e sistemando il passaggio sotto l’ex Dopolavoro Ferroviario. Ultimo tassello per poter aprire la via di comunicazione tanto sospirata. «E’ tutto pronto», dice Cacciari, mancano pochi giorni».
La data più probabile per l’apertura potrebbe essere quella di sabato prossimo, oppure domenica mattina. Ma nulla ufficialmente è deciso. Si sa soltanto che quando il Capo dello Stato arriverà a Venezia il 18 settembre, per partecipare al convegno sui sessant’anni della Costituzione – organizzato dalla Fondazione Pellicani a palazzo Ducale – il ponte sarà già aperto.
Un ponte che comincia ad essere ammirato anche dai veneziani. Dettagli e materiali di lusso, linea modernissima, vista splendida. «Abbiamo cercato di dare il meglio, è un atto di amore per questa città», ha spiegato Calatrava in visita l’altro giorno alla sua creatura. Un «luogo» e non soltanto una infrastruttura, dall’arco slanciato, più largo in cima che alla base per poter ammirare il panorama da un punto di vista inedito. E poi materiali e rifiniture degni di un’opera d’arte. «Ritardi ci sono stati e aumenti di prezzi anche», dice Cacciari, «ma un’opera del genere non poteva costare un cent di meno. La Corte dei Conti indaga? Fa il suo lavoro, è giusto, ma tutto si è svolto regolarmente, lo dimostreremo».
E tra qualche giorno il ponte diventerà visibile a tutti, e forse la sua bellezza, che nessuno contesta, cancellerà i ricordi delle inadempienze degli ultimi anni. Un segno della modernità all’entrata del Canal Grande. Ma anche, ripete il sindaco, «un segno per tutti coloro che credono davvero nel futuro di questa città».

Calatrava: quale ovovia?

Ricevo e pubblico volentieri una nota dell’architetto Fernando De Simone, specializzato in trasporti e costruzioni sotterranee e sottomarine su un argomento che, tempo fa, ha avuto spazio anche nella stampa locale. L’argomento è la tanto contestata (dai disabili, e non solo) ovovia che – a pensiero dell’amministrazione comunale – sarebbe la panacea per tutti i problemi di disabilità.

Desidero informarLa che, con la mia rappresentata svizzera Intamin (www.intamintransportation.com),il 7 dicembre 2007 ho presentato all’assessore Mara Rumiz, la proposta per la realizzazione di un’ovovia in grado di trasportare da una sponda all’altra,in 4 minuti,(5 minuti,nel caso che bisognava richiamarla dall’altra sponda),due disabili in carrozzina e due accompagnatori.
Era compresa la possibilità di fermarsi nel punto più alto dell’attraversamento, per ammirare il panorama.
Il costo ammontava a 1,2 milioni di Euro, ed il tempo di realizzazione, era garantito di 120 giorni al massimo.
Quindi l’avremmo collaudata in maggio. Mi risposero che era impossibile togliere il lavoro a chi aveva vinto la gara,anche se non aveva mai costruito un’ovovia!
La società Intamin le produce in serie,da 40 anni.

Calatrava: non è un’opera pubblica?

Leggo su superando non certo poco contrariato un’intervista all’urbanista Roberto D’Agostino (già assessore all’urbanistica nel 2002 con il sindaco Paolo Costa) di cui riporto un estratto:

Come è stato detto in molti interventi di questi giorni, la cosiddetta ovovia che arrancherà su un lato del ponte della Costituzione [tale denominazione non è ancora ufficiale. Si tratta infatti, al momento, di una proposta del sindaco di Venezia Massimo Cacciari, N.d.R.] non verrà mai utilizzata: per la sua scomodità, per la sua lentezza, per il disagio, anche simbolico, che ne caratterizza l'uso e perché là dove parte questo ridicolo aggeggio, parte anche un grande numero di vaporetti che in tre minuti uniscono i due lati della città.
Nonostante questo, si stanno spendendo un sacco di soldi a cui vanno aggiunti gli ignoti, ma certamente grandi, oneri di gestione che peseranno anno dopo anno sulla città, per realizzare un'opera del tutto e dichiaratamente inutile.

Si dice che si tratta di un intervento indispensabile per legge in quanto un'opera pubblica dev'essere priva di barriere architettoniche e che è stato un errore (del progettista, dell'Amministrazione?) non avere previsto in sede di progettazione un supporto meccanico per l'attraversamento del ponte. Due affermazioni non vere.
Innanzi tutto se si guardano le spallette terminali in pietra d'Istria, si vedrà che esse hanno un alloggiamento pensato da Calatrava per accogliere il servo scala, qualora fosse stato necessario. Anche il servo scala non verrebbe mai utilizzato, ma almeno costerebbe una frazione dei costi dell'ovovia e non creerebbe pregiudizi alla qualità dell'opera.
Ma c'è di più. Il ponte non è un'opera pubblica che debba essere fruita in quanto tale (e infatti l'ovovia non ne consente la fruizione, ma è un aggeggio posticcio che corre a lato del ponte e potrebbe benissimo essere altrove), bensì una delle strutture di collegamento tra due parti della città – Piazzale Roma e la Ferrovia – che debbono essere raggiunte senza che vi siano barriere architettoniche. Come per collegare i diversi piani di un edificio pubblico vi sono le scale e gli ascensori, per collegare quelle due parti di città vi sono i ponti (le scale) e i vaporetti (gli ascensori). Si può dire anzi che quella è una delle poche parti di Venezia accessibile a tutti.
Dunque la polemica sulle barriere architettoniche relative a quella specifica opera può essere capita e, in questo senso, può anche avere avuto una forte e giusta funzione simbolica, come uso strumentale del nuovo ponte progettato da un grande architetto per porre un problema reale che riguarda tutta Venezia (ma non, paradossalmente, quella parte di città).
In conclusione, non solo il ponte dovrebbe essere inaugurato con orgoglio e senza i timori di una contestazione becera e strumentale, ma si dovrebbe anche avere il coraggio di interrompere la realizzazione della ridicola, costosa e inutile ovovia.

Secondo d’Agostino, sin dal titolo del suo intervento sulla stampa locale, i veneziani non sono all’altezza della città. Ma non è forse che sono gli amministratori a non essere all’altezza nell’applicazione di normative già citate più volte? A questo punto mi viene fortemente il dubbio che non si è trattato di una dimenticanza ma di una interpretazione (a mio avviso errata) di una normativa solo fine di non danneggiare il ponte e fatta dai “fan del mattone” (rubo questa frase virgolettata dalle dichiarazioni dell’ex consigliere delegato alle problematiche della disabilità, il sig. Toso) tra cui presumo rientri anche questo urbanista…

Calatrava: ecco i colpevoli!

Prendo spunto da un post in listavista di Donato Taddei per riesumare la legge 104/92 del 5 febbraio 1992 (comicamente il giorno del mio compleanno). In particolare va focalizzato l’art. 24 comma 5:

5. Nel caso di opere pubbliche, fermi restando il divieto di finanziamento di cui all’articolo 32, comma 20, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e l’obbligo della dichiarazione del progettista, l’accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche spetta all’Amministrazione competente, che ne dà atto in sede di approvazione del progetto.

Ricordiamo anche per i più smemorati quanto dice l’art. 32 comma 20 della legge 28 febbraio 1986 n. 41:

20 . Non possono essere approvati progetti di costruzione o ristrutturazione di opere pubbliche che non siano conformi alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384 , in materia di superamento delle barriere architettoniche. Non possono altresì essere erogati dallo Stato o da altri enti pubblici contributi o agevolazioni per la realizzazione di progetti in contrasto con le norme di cui al medesimo decreto.

Le normative suddette sembrano lampanti così come lampante è chi deve assumersi la colpa di questo “abuso edilizio” che:

  • Ii progettista doveva dichiarare la conformità dell’opera ai requisiti del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384. Se esiste tale dichiarazione, sarebbe interessante renderla pubblica, con nomi e cognomi;
  • l’accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche spetta all’Amministrazione competente che ne dà atto in sede di approvazione del progetto;
  • non poteva essere finanziato (tra l’altro con fondi della Legge Speciale per Venezia) in quanto non rispettoso delle normative in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.

Si fa presto tirare le somme su chi sono i colpevoli…
… forse gli stessi che oggi hanno all’unanimità approvato il nome “Ponte della Costituzione” ? Settanta anni or sono, il 1° e il 2 settembre 1938, il Consiglio dei ministri del Regno d’Italia si riunì per approvare le prime leggi antisemite della storia dell’Italia unita… oggi si assegna un nome importante come la “Costituzione” a qualcosa che la viola palesemente (oltre a violare le suddette normative)…

Calatrava: Paolo Berro scrive a Cacciari

Anche Paolo Berro, disabile motorio esperto di ing. ed accessibilità, già Cavaliere della Repubblica e pluri-laureato (con ampio risalto stampa) scrive a Massimo Cacciari.
Riporto di seguito la sua lettera.

Caro Cacciari,

il 18 settembre a Venezia il ponte che collegherà Piazzale Roma, luogo d’arrivo e partenza dei mezzi su gomma e acqua, alla Ferrovia e alla nuova sede degli uffici della Regione Veneto, realizzato da uno dei maggiori architetti viventi, lo spagnolo Santiago Calatrava ( lo stesso cui è stata commissionata anche la realizzazione della nuova Path Station di Ground Zero a New York) dovrebbe essere stato inaugurato ma so che la data di inaugurazione è stata spostata…

Ci sono due problemi: l’ovovia, che non sarà installata prima di qualche mese e perciò assente… ed il nome, che non è stato ancora deciso.

Questo ponte è stato, infatti, da sempre criticato per la mancata attenzione progettuale da parte dell’osannato architetto spagnolo verso l’utenza con difficoltà motorie.

Il progetto del ponte di cristallo è stato in seguito ampliato con l’aggiunta di un particolare “ascensore” per risolvere una grossa falla progettuale: la mancanza di accessibilità del ponte alle persone disabili!

Fu chiesto all’architetto di trovare una soluzione, di progettare un’aggiunta, “un surrogato”: un’ovovia nascosta ai piedi del ponte all’interno di una botola che, aperta a richiesta, lascerà salire una cabina (che accoglierà al suo interno la persona disabile con accompagnatore) sostenuta da un braccio e agganciata ad un carrello scorrevole sistemato nella parte esterna del ponte.

L'ovovia

L'ovovia

Concluso l’attraversamento, le operazioni si ripeteranno per consentire il percorso inverso.

Il problema maggiore, però, nacque qualche anno fa quando si scoprì che l’architetto, nel nome della purezza delle forme, non si era minimamente posto il problema dei disabili che, giustamente, insorsero chiedendo come fosse possibile che anche il primo e unico dei ponti nuovi nascesse nell’indifferenza per chi è in carrozzina. Possibile che neppure Calatrava si fosse posto l’obiettivo di conciliare l’arte con il rispetto dei diversamente abili e Le leggi vigenti? E come aveva potuto la Commissione di Salvaguardia approvare l’opera accettando, tra le motivazioni del «no» ai «servoscala», anche quella che senza quegli infissi metallici l’opera offriva «un impatto visivo certamente migliore»?

Messo alle strette, il Comune cambiò idea e chiese al progettista di trovare una soluzione.

Calatrava, seccato per i problemi posti a lui e non ai grandi artisti del passato, inviò una lettera incredibile nella quale si dichiarava a malincuore pronto ad adeguare il progetto ma insisteva nel suggerire ai disabili «l’attraversamento orizzontale mediante vaporetto». Cioè «il superamento del canale a livello dell’acqua coordinato con i servizi dell’Actv»… (lascio ogni commento a chi legge…)

Credo che tutti siamo d’accordo sul fatto che il vaporetto non possa in alcun modo essere una soluzione accettabile, perché è necessario garantire pienamente a tutti la fruibilità del ponte stesso.

É infatti l’opera in sé che deve essere accessibile in quanto spazio, architettura, monumento, opera d’arte che deve essere vissuta dai cittadini. Il vaporetto non può essere considerato (in termini normativi) una “soluzione alternativa” poiché è evidente (come indicato dalla norma stessa) che la soluzione di progetto può individuare soluzioni alternative rispetto alle prescrizioni, ma non che il progetto debba trovare fuori del suo ambito (in questo caso in un servizio) di soluzioni per l’accessibilità.

Per quanto riguarda invece la “soluzione servoscala” chiunque potrebbe dire “piuttosto che nulla…”, certo, ma ricordiamo (tanto per dovere di cronaca) che l’installazione del servoscala non soddisfa l’accessibilità né sul piano funzionale né su quello normativo.

L’utilizzo del servoscala si configura infatti inequivocabilmente come un intervento di adeguamento di un’opera pubblica di nuova realizzazione (e quindi come una palese violazione delle leggi vigenti per il superamento delle barriere architettoniche).

Negli spazi pubblici, inoltre, il servoscala non assicura un livello di accessibilità soddisfacente!

Il suo utilizzo è limitato alle persone disabili in carrozzina e non è in grado di fornire soluzioni sicure ai problemi di accessibilità. Inoltre, nel caso del ponte in oggetto, la considerevole lunghezza del percorso e la presenza di un elevato numero di gradini con alzate e pedate variabili, faticose e fonte di pericolo, può diventare un ostacolo per le persone, ad esempio, normodotate ma con problemi motori, visivi e di affaticamento.

Negli stessi spazi pubblici il servoscala è inoltre un dispositivo stigmatizzante ed emarginante sotto il profilo psicologico, che espone e sottolinea inutilmente la condizione di disabilità delle persone che sono costrette ad utilizzarlo.

Inoltre (come Venezia ha già avuto modo di sperimentare), presenta gravi limiti sotto il profilo tecnico che lo rendono uno strumento inefficace all’atto pratico: lentezza di marcia (il nuovo progetto per percorrere una singola tratta dovrebbe impiegare ben 17 min!), marcia a “uomo presente”, guasti e necessità di frequente manutenzione, non vengono risolti operativamente (se non, in questo caso, con l’espediente dell’occultamento del meccanismo in un vano sotterraneo).

Capisco bene che la scelta di costruire un nuovo ponte per Venezia, progettato da un architetto della levatura di Santiago Calatrava, sia un atto importante ed imponente e di rilievo storico culturale, urbanistico e architettonico… – come sottolineato dall’allora Sindaco Paolo Costa – “il segno che la città è pronta a innovare, è pronta ad arricchire nella qualità della sua forma, accogliendo i segni del bello del XXI secolo”.

Condivido inoltre l’idea che tutti i cittadini, indipendentemente da problemi fisici, sensoriali o cognitivi, debbano poter sfruttare al meglio le nuove architettura ed i nuovi spazi in base a quanto sancito da anni a livello nazionale ed internazionale dalla dichiarazione dei diritti umani, dal trattato di Amsterdam, dalla dichiarazione di Madrid e da tutte quelle normative e direttive anti discriminazioni che fanno da contorno alla normativa nazionale per il superamento delle barriere architettoniche ed alla carta europea dei diritti dell’uomo.

Il famoso nuovo “ponte di Calatrava” a Venezia, che vuole essere elemento di connessione, di incontro, di scambio e di sosta di persone – quindi di punti di vista, culture, opinioni diverse – deve per forza rifarsi a tutti questi principi!

Ciò che con questa lettera vorrei comunicare è che con le critiche poste all’amministrazione comunale di Venezia non si è mai pensato di voler privare Venezia dell’opportunità di realizzare un’opera di grande rilevanza, bensì credo sia giusto e doveroso cercare di evitare che proprio il simbolo di questa rinnovata modernità diventi occasione di esclusione.

Questo progetto deve essere un chiaro segno di sviluppo e di applicazione della cultura progettuale del Terzo Millennio, un esempio che faccia dell’accessibilità e dell’inclusione i propri fondamentali principi ispiratori.

Certo, se questo ponte verrà inaugurato senza un’opera (”almeno”) parallela accessibile funzionante per persone con disabilità, questo “ponte del nuovo millennio” verrà ricordato come un’opera solamente discriminatoria!

L’Accessibilità deve essere considerata un criterio, un parametro imprescindibile di progettazione fin dalle prime intuizioni del progettista, come richiesto anche dalla normativa stessa. Adottare questo concetto permette di dare corpo a quella “cultura dell’integrazione” (o meglio “dell’inclusione”) da anni sostenuta e voluta a livello nazionale, europeo ed extraeuropeo.

Il quarto ponte di Venezia

Il quarto ponte di Venezia

Risulta quindi paradossale che nel terzo millennio, in Italia (attualmente il Paese con il maggior numero di anziani), a Venezia (città prettamente pedonale, patrimonio mondiale), un architetto contemporaneo della levatura di Santiago Calatrava (che altrove ha dimostrato di saper brillantemente realizzare la piena accessibilità) abbia progettato e abbia avuto l’autorizzazione alla costruzione di un’opera inaccessibile, tanto esteticamente apprezzabile quanto inaccettabile dal punto di vista normativo.

Cosa dice la legge?

Iter di approvazione: ogni progettista deve presentare – unitamente al progetto – una dichiarazione di conformità in cui autocertifica il rispetto alla normativa vigente in materia di progettazione accessibile (DM 236/89 per gli edifici privati e privati aperti al pubblico, DPR 503/96 per gli edifici, gli spazi e i percorsi pubblici). Dovrebbe dunque esistere la dichiarazione di conformità del progetto del ponte. Al Comune (peraltro anche committente) spetta infine di effettuare i controlli previsti.

Percorsi o edifici: la normativa vigente non si riferisce solo ad edifici, ma anche a percorsi pedonali e quindi al superamento dei dislivelli. Tale indicazione è ancora più evidente in materia di percorsi pubblici.

Servoscala: il DM 236/89 ammette l’impiego di servoscala solo in caso di edifici e realizzazioni antecedenti all’entrata in vigore della norma.

Finanziabilità: secondo la Legge 41/86 (art. 32, comma 20), Stato ed Enti Pubblici non possono erogare contributi o agevolazioni per la realizzazione di progetti che non rispettino le disposizioni in materia di progettazione accessibile. Nel caso del progetto in questione, potrebbero esservi pertanto gli estremi di un ricorso presso la Corte dei Conti.

Come se non bastasse, nel corso di una prova serale qualche settimana fa, i tecnici del Comune hanno accertato problemi per chi transita sul ponte : a causa di un effetto ottico generato dalla combinazione della luce bianca (i fari di illuminazione aggiuntivi posizionati dal Comune per garantire maggiore “visibilità” dell’area pedonale, come dichiarato dall’assessora Rumiz) e il suo riflettersi sui gradini di pietra e vetro, qualsiasi persona può incorrere in rovinose cadute notturne.

E’ l’ennesimo problema del ponte, ma ancor più sconcertanti sono alcune dichiarazioni dell’ing. Salvatore Vento, che segue i lavori per conto del Comune. Ecco un paio di perle:

“Dopo l’apertura del ponte vedremo quali saranno i punti critici.”

“Bisognerà prima fare una casistica sui punti dove la gente è in difficoltà a transitare e quali sono i punti di maggior rischio caduta”

Qual’è, quindi, il problema, caro Cacciari?

Il problema è che era stata prevista per il 18 settembre l’inaugurazione di un’opera inaccessibile, ovvero Le si avrebbe chiesto di dare il benestare all’apertura di un’opera che per diversi mesi non avrebbe potuto essere accessibile alle persone con disabilità motorie.

Sorvolando eventuali problematiche legali relative alla progettazione non accessibile, colgo l’occasione per chiedere pubblicamente a Lei, Sindaco, di chiedere notizie a riguardo e di spostare l’inaugurazione SOLO ad opera realmente completa ed ultimata (anche se il ponte verrà comunque aperto tra qualche giorno senza essere accessibile!) ed accessibile a tutti.

Un ponte è di fatto una struttura che consente il passaggio di persone da una sponda all’altra: come possiamo inaugurare un’opera che non consente a tutti la possibilità di utilizzarlo?

Senza l’ovovia al momento è il ponte, insieme all’amministrazione stessa, ad essere disabile!

Rimangono comunque ancora aperte due questioni alle quali non trovo risposta…: un’opera pubblica può essere dichiarata agibile se non è completamente accessibile a tutti (ovvero se non rispetta le vigenti normative in materia di barriere architettoniche)?

E poi: non abbiamo talenti italiani ai quali poter offrire l’opportunità di sviluppare un progetto di tale spessore?

Distinti saluti
Paolo Berro