Calatrava: ecco i colpevoli!

Prendo spunto da un post in listavista di Donato Taddei per riesumare la legge 104/92 del 5 febbraio 1992 (comicamente il giorno del mio compleanno). In particolare va focalizzato l’art. 24 comma 5:

5. Nel caso di opere pubbliche, fermi restando il divieto di finanziamento di cui all’articolo 32, comma 20, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e l’obbligo della dichiarazione del progettista, l’accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche spetta all’Amministrazione competente, che ne dà atto in sede di approvazione del progetto.

Ricordiamo anche per i più smemorati quanto dice l’art. 32 comma 20 della legge 28 febbraio 1986 n. 41:

20 . Non possono essere approvati progetti di costruzione o ristrutturazione di opere pubbliche che non siano conformi alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384 , in materia di superamento delle barriere architettoniche. Non possono altresì essere erogati dallo Stato o da altri enti pubblici contributi o agevolazioni per la realizzazione di progetti in contrasto con le norme di cui al medesimo decreto.

Le normative suddette sembrano lampanti così come lampante è chi deve assumersi la colpa di questo “abuso edilizio” che:

  • Ii progettista doveva dichiarare la conformità dell’opera ai requisiti del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384. Se esiste tale dichiarazione, sarebbe interessante renderla pubblica, con nomi e cognomi;
  • l’accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche spetta all’Amministrazione competente che ne dà atto in sede di approvazione del progetto;
  • non poteva essere finanziato (tra l’altro con fondi della Legge Speciale per Venezia) in quanto non rispettoso delle normative in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.

Si fa presto tirare le somme su chi sono i colpevoli…
… forse gli stessi che oggi hanno all’unanimità approvato il nome “Ponte della Costituzione” ? Settanta anni or sono, il 1° e il 2 settembre 1938, il Consiglio dei ministri del Regno d’Italia si riunì per approvare le prime leggi antisemite della storia dell’Italia unita… oggi si assegna un nome importante come la “Costituzione” a qualcosa che la viola palesemente (oltre a violare le suddette normative)…

Calatrava: Paolo Berro scrive a Cacciari

Anche Paolo Berro, disabile motorio esperto di ing. ed accessibilità, già Cavaliere della Repubblica e pluri-laureato (con ampio risalto stampa) scrive a Massimo Cacciari.
Riporto di seguito la sua lettera.

Caro Cacciari,

il 18 settembre a Venezia il ponte che collegherà Piazzale Roma, luogo d’arrivo e partenza dei mezzi su gomma e acqua, alla Ferrovia e alla nuova sede degli uffici della Regione Veneto, realizzato da uno dei maggiori architetti viventi, lo spagnolo Santiago Calatrava ( lo stesso cui è stata commissionata anche la realizzazione della nuova Path Station di Ground Zero a New York) dovrebbe essere stato inaugurato ma so che la data di inaugurazione è stata spostata…

Ci sono due problemi: l’ovovia, che non sarà installata prima di qualche mese e perciò assente… ed il nome, che non è stato ancora deciso.

Questo ponte è stato, infatti, da sempre criticato per la mancata attenzione progettuale da parte dell’osannato architetto spagnolo verso l’utenza con difficoltà motorie.

Il progetto del ponte di cristallo è stato in seguito ampliato con l’aggiunta di un particolare “ascensore” per risolvere una grossa falla progettuale: la mancanza di accessibilità del ponte alle persone disabili!

Fu chiesto all’architetto di trovare una soluzione, di progettare un’aggiunta, “un surrogato”: un’ovovia nascosta ai piedi del ponte all’interno di una botola che, aperta a richiesta, lascerà salire una cabina (che accoglierà al suo interno la persona disabile con accompagnatore) sostenuta da un braccio e agganciata ad un carrello scorrevole sistemato nella parte esterna del ponte.

L'ovovia

L'ovovia

Concluso l’attraversamento, le operazioni si ripeteranno per consentire il percorso inverso.

Il problema maggiore, però, nacque qualche anno fa quando si scoprì che l’architetto, nel nome della purezza delle forme, non si era minimamente posto il problema dei disabili che, giustamente, insorsero chiedendo come fosse possibile che anche il primo e unico dei ponti nuovi nascesse nell’indifferenza per chi è in carrozzina. Possibile che neppure Calatrava si fosse posto l’obiettivo di conciliare l’arte con il rispetto dei diversamente abili e Le leggi vigenti? E come aveva potuto la Commissione di Salvaguardia approvare l’opera accettando, tra le motivazioni del «no» ai «servoscala», anche quella che senza quegli infissi metallici l’opera offriva «un impatto visivo certamente migliore»?

Messo alle strette, il Comune cambiò idea e chiese al progettista di trovare una soluzione.

Calatrava, seccato per i problemi posti a lui e non ai grandi artisti del passato, inviò una lettera incredibile nella quale si dichiarava a malincuore pronto ad adeguare il progetto ma insisteva nel suggerire ai disabili «l’attraversamento orizzontale mediante vaporetto». Cioè «il superamento del canale a livello dell’acqua coordinato con i servizi dell’Actv»… (lascio ogni commento a chi legge…)

Credo che tutti siamo d’accordo sul fatto che il vaporetto non possa in alcun modo essere una soluzione accettabile, perché è necessario garantire pienamente a tutti la fruibilità del ponte stesso.

É infatti l’opera in sé che deve essere accessibile in quanto spazio, architettura, monumento, opera d’arte che deve essere vissuta dai cittadini. Il vaporetto non può essere considerato (in termini normativi) una “soluzione alternativa” poiché è evidente (come indicato dalla norma stessa) che la soluzione di progetto può individuare soluzioni alternative rispetto alle prescrizioni, ma non che il progetto debba trovare fuori del suo ambito (in questo caso in un servizio) di soluzioni per l’accessibilità.

Per quanto riguarda invece la “soluzione servoscala” chiunque potrebbe dire “piuttosto che nulla…”, certo, ma ricordiamo (tanto per dovere di cronaca) che l’installazione del servoscala non soddisfa l’accessibilità né sul piano funzionale né su quello normativo.

L’utilizzo del servoscala si configura infatti inequivocabilmente come un intervento di adeguamento di un’opera pubblica di nuova realizzazione (e quindi come una palese violazione delle leggi vigenti per il superamento delle barriere architettoniche).

Negli spazi pubblici, inoltre, il servoscala non assicura un livello di accessibilità soddisfacente!

Il suo utilizzo è limitato alle persone disabili in carrozzina e non è in grado di fornire soluzioni sicure ai problemi di accessibilità. Inoltre, nel caso del ponte in oggetto, la considerevole lunghezza del percorso e la presenza di un elevato numero di gradini con alzate e pedate variabili, faticose e fonte di pericolo, può diventare un ostacolo per le persone, ad esempio, normodotate ma con problemi motori, visivi e di affaticamento.

Negli stessi spazi pubblici il servoscala è inoltre un dispositivo stigmatizzante ed emarginante sotto il profilo psicologico, che espone e sottolinea inutilmente la condizione di disabilità delle persone che sono costrette ad utilizzarlo.

Inoltre (come Venezia ha già avuto modo di sperimentare), presenta gravi limiti sotto il profilo tecnico che lo rendono uno strumento inefficace all’atto pratico: lentezza di marcia (il nuovo progetto per percorrere una singola tratta dovrebbe impiegare ben 17 min!), marcia a “uomo presente”, guasti e necessità di frequente manutenzione, non vengono risolti operativamente (se non, in questo caso, con l’espediente dell’occultamento del meccanismo in un vano sotterraneo).

Capisco bene che la scelta di costruire un nuovo ponte per Venezia, progettato da un architetto della levatura di Santiago Calatrava, sia un atto importante ed imponente e di rilievo storico culturale, urbanistico e architettonico… – come sottolineato dall’allora Sindaco Paolo Costa – “il segno che la città è pronta a innovare, è pronta ad arricchire nella qualità della sua forma, accogliendo i segni del bello del XXI secolo”.

Condivido inoltre l’idea che tutti i cittadini, indipendentemente da problemi fisici, sensoriali o cognitivi, debbano poter sfruttare al meglio le nuove architettura ed i nuovi spazi in base a quanto sancito da anni a livello nazionale ed internazionale dalla dichiarazione dei diritti umani, dal trattato di Amsterdam, dalla dichiarazione di Madrid e da tutte quelle normative e direttive anti discriminazioni che fanno da contorno alla normativa nazionale per il superamento delle barriere architettoniche ed alla carta europea dei diritti dell’uomo.

Il famoso nuovo “ponte di Calatrava” a Venezia, che vuole essere elemento di connessione, di incontro, di scambio e di sosta di persone – quindi di punti di vista, culture, opinioni diverse – deve per forza rifarsi a tutti questi principi!

Ciò che con questa lettera vorrei comunicare è che con le critiche poste all’amministrazione comunale di Venezia non si è mai pensato di voler privare Venezia dell’opportunità di realizzare un’opera di grande rilevanza, bensì credo sia giusto e doveroso cercare di evitare che proprio il simbolo di questa rinnovata modernità diventi occasione di esclusione.

Questo progetto deve essere un chiaro segno di sviluppo e di applicazione della cultura progettuale del Terzo Millennio, un esempio che faccia dell’accessibilità e dell’inclusione i propri fondamentali principi ispiratori.

Certo, se questo ponte verrà inaugurato senza un’opera (”almeno”) parallela accessibile funzionante per persone con disabilità, questo “ponte del nuovo millennio” verrà ricordato come un’opera solamente discriminatoria!

L’Accessibilità deve essere considerata un criterio, un parametro imprescindibile di progettazione fin dalle prime intuizioni del progettista, come richiesto anche dalla normativa stessa. Adottare questo concetto permette di dare corpo a quella “cultura dell’integrazione” (o meglio “dell’inclusione”) da anni sostenuta e voluta a livello nazionale, europeo ed extraeuropeo.

Il quarto ponte di Venezia

Il quarto ponte di Venezia

Risulta quindi paradossale che nel terzo millennio, in Italia (attualmente il Paese con il maggior numero di anziani), a Venezia (città prettamente pedonale, patrimonio mondiale), un architetto contemporaneo della levatura di Santiago Calatrava (che altrove ha dimostrato di saper brillantemente realizzare la piena accessibilità) abbia progettato e abbia avuto l’autorizzazione alla costruzione di un’opera inaccessibile, tanto esteticamente apprezzabile quanto inaccettabile dal punto di vista normativo.

Cosa dice la legge?

Iter di approvazione: ogni progettista deve presentare – unitamente al progetto – una dichiarazione di conformità in cui autocertifica il rispetto alla normativa vigente in materia di progettazione accessibile (DM 236/89 per gli edifici privati e privati aperti al pubblico, DPR 503/96 per gli edifici, gli spazi e i percorsi pubblici). Dovrebbe dunque esistere la dichiarazione di conformità del progetto del ponte. Al Comune (peraltro anche committente) spetta infine di effettuare i controlli previsti.

Percorsi o edifici: la normativa vigente non si riferisce solo ad edifici, ma anche a percorsi pedonali e quindi al superamento dei dislivelli. Tale indicazione è ancora più evidente in materia di percorsi pubblici.

Servoscala: il DM 236/89 ammette l’impiego di servoscala solo in caso di edifici e realizzazioni antecedenti all’entrata in vigore della norma.

Finanziabilità: secondo la Legge 41/86 (art. 32, comma 20), Stato ed Enti Pubblici non possono erogare contributi o agevolazioni per la realizzazione di progetti che non rispettino le disposizioni in materia di progettazione accessibile. Nel caso del progetto in questione, potrebbero esservi pertanto gli estremi di un ricorso presso la Corte dei Conti.

Come se non bastasse, nel corso di una prova serale qualche settimana fa, i tecnici del Comune hanno accertato problemi per chi transita sul ponte : a causa di un effetto ottico generato dalla combinazione della luce bianca (i fari di illuminazione aggiuntivi posizionati dal Comune per garantire maggiore “visibilità” dell’area pedonale, come dichiarato dall’assessora Rumiz) e il suo riflettersi sui gradini di pietra e vetro, qualsiasi persona può incorrere in rovinose cadute notturne.

E’ l’ennesimo problema del ponte, ma ancor più sconcertanti sono alcune dichiarazioni dell’ing. Salvatore Vento, che segue i lavori per conto del Comune. Ecco un paio di perle:

“Dopo l’apertura del ponte vedremo quali saranno i punti critici.”

“Bisognerà prima fare una casistica sui punti dove la gente è in difficoltà a transitare e quali sono i punti di maggior rischio caduta”

Qual’è, quindi, il problema, caro Cacciari?

Il problema è che era stata prevista per il 18 settembre l’inaugurazione di un’opera inaccessibile, ovvero Le si avrebbe chiesto di dare il benestare all’apertura di un’opera che per diversi mesi non avrebbe potuto essere accessibile alle persone con disabilità motorie.

Sorvolando eventuali problematiche legali relative alla progettazione non accessibile, colgo l’occasione per chiedere pubblicamente a Lei, Sindaco, di chiedere notizie a riguardo e di spostare l’inaugurazione SOLO ad opera realmente completa ed ultimata (anche se il ponte verrà comunque aperto tra qualche giorno senza essere accessibile!) ed accessibile a tutti.

Un ponte è di fatto una struttura che consente il passaggio di persone da una sponda all’altra: come possiamo inaugurare un’opera che non consente a tutti la possibilità di utilizzarlo?

Senza l’ovovia al momento è il ponte, insieme all’amministrazione stessa, ad essere disabile!

Rimangono comunque ancora aperte due questioni alle quali non trovo risposta…: un’opera pubblica può essere dichiarata agibile se non è completamente accessibile a tutti (ovvero se non rispetta le vigenti normative in materia di barriere architettoniche)?

E poi: non abbiamo talenti italiani ai quali poter offrire l’opportunità di sviluppare un progetto di tale spessore?

Distinti saluti
Paolo Berro

Calatrava: ora tocca alle associazioni

Ai Presidenti delle Associazioni

ASSOCIAZIONE ITALIANA AFASICI
ASSOCIAZIONE ITALIANA ALZHEIMER
ASSOCIAZIONE ITALIANA FAMIGLIE FANCIULLI ADULTI SUBNORMALI
ASSOCIAZIONE NAZIONALE GUIDA LEGISLAZIONE ANDICAPPATI TRASPORTI
ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ASSISTENZA AGLI SPASTICI
ASSOCIAZIONE ITALIANA PERSONE DOWN
ASSOCIAZIONE ITALIANA SCLEROSI MULTIPLA
ASSOCIAZIONE NAZIONALE GENITORI SOGGETTI AUTISTICI
ASSOCIAZIONE NAZIONALE INVALIDI CIVILI
ASSOCIAZIONE NAZIONALE MUTILATI ED INVALIDI CIVILI
ASSOCIAZIONE NAZIONALE MUTILATI ED INVALIDI DEL LAVORO
ASSOCIAZIONE NAZIONALE TRA INVALIDI PER ESITI DI POLIOMIELITE ED ALTRI INVALIDI CIVILI
ASSOCIAZIONE NAZIONALE TUTELA HANDICAPPATI ED INVALIDI
ASSOCIAZIONE COMUNITA’ CAPODARCO
ASSOCIAZIONE RICERCA PSICOSI E AUTISMO
ASSOCIAZIONE VALENTINA
ASSOCIAZIONE ANNI VERDI
ENTE NAZIONALE SORDOMUTI
FAMIGLIE ITALIANE ASSOCIATE DIRITTI AUDIOLESI
FEDERAZIONE ASSOCIAZIONI ITALIANE PARAPLEGICI
FEDERAZIONE ITALIANA PER IL SUPERAMENTO DELL’HANDICAP
FEDERAZIONE ITALIANA SPORT DISABILI
FEDERAZIONE ITALIANA SPORT SILENZIOSI
ASSOCIAZIONE GENITORI LA NOSTRA FAMIGLIA
FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI
LEGA ARCOBALENO CONTRO LE BARRIERE
LEGA DEL FILO D’ORO
LISM LEGA ITALIANA SCLEROSI MULTIPLA
UNIONE FAMIGLIE HANDICAPPATI
UNIONE ITALIANA CIECHI
UNIONE ITALIANA LOTTA ALLA DISTROFIA MUSCOLARE
UNIONE ITALIANA DOWN
UNIONE NAZIONALE MUTILATI PER SERVIZIO
ANED ASSOCIAZIONE NAZIONALE EMODIALIZZATI
ASSOCIAZIONE ITALIANA CONTRO L’EPILESSIA
ASSOCIAZIONE ITALIANA CELIACHIA
FONDAZIONE ASPHI AVVIAMENTO E SVILUPPO DI PROGETTI PER RIDURRE L’HANDICAP ATTRAVERSO L’INFORMATICA
ASSOCIAZIONE ITALIANA TUTELA HANDICAP
FEDERAZIONE TRA LE ASSOCIAZIONI NAZIONALI DEI DISABILI

Oggetto: disabilità e diritto, un ponte che divide

Gentilissimo Presidente,
chi le scrive è un cittadino veneziano che si occupa di accessibilità informatica che per vicessitudini personali ha avuto modo di conoscere le problematiche di accessibilità dovute alle barriere architettoniche.
In questi giorni vi è ampio risalto sull’apertura di un nuovo ponte a Venezia, il quarto ponte sul Canal Grande. Tale ponte, su proposta del sindaco Massimo Cacciari dovrebbe chiamarsi “Ponte della Costituzione” in onore del 60mo anniversario della Costituzione Italiana.
La mia iniziativa, alla quale poi hanno aderito molte persone, inizialmente era volta a richiedere al Capo dello Stato di non partecipare all’inaugurazione di un ponte che ad oggi – nonostante le dichiarazioni stampa sul termine dell’opera – non è accessibile a tutti. Si, avete letto bene, nel 2008 una grande opera come un ponte di un grande architetto che sta firmando diverse opere nel nostro paese (Santiago Calatrava), non è accessibile, ovvero non rispetta una serie di vincoli normativi che riporto di seguito:

  • Iter di approvazione: ogni progettista deve presentare – unitamente al progetto – una dichiarazione di conformità in cui autocertifica il rispetto alla normativa vigente in materia di progettazione accessibile (DM 236/89 per gli edifici privati e privati aperti al pubblico, DPR 503/96 per gli edifici, gli spazi e i percorsi pubblici). Dovrebbe dunque esistere la dichiarazione di conformità del progetto del ponte. Al Comune (peraltro anche committente) spetta infine di effettuare i controlli previsti.
  • Percorsi o edifici: la normativa vigente non si riferisce solo ad edifici, ma anche a percorsi pedonali e quindi al superamento dei dislivelli. Tale indicazione è ancora più evidente in materia di percorsi pubblici.
  • Servoscala: il DM 236/89 ammette l’impiego di servoscala solo in caso di edifici e realizzazioni antecedenti all’entrata in vigore della norma.
  • Finanziabilità: secondo la Legge 41/86 (art. 32, comma 20), Stato ed Enti Pubblici non possono erogare contributi o agevolazioni per la realizzazione di progetti che non rispettino le disposizioni in materia di progettazione accessibile. Nel caso del progetto in questione, potrebbero esservi pertanto gli estremi di un ricorso presso la Corte dei Conti.

Oltre a tali problematiche vi sono le barriere di accessibilità per i disabili visivi. Il presidente dell’associazione disabili visivi Giulio Nardone in una lettera pubblicata sul mio sito web fa notare che il progetto di Calatrava (ora “Ponte della Costituzione”) viola in pieno anche l’Art. 1.2.c del D.P.R. 503/1996 (costituisce barriera architettonica e va superata “la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi”) e che tale violazione comporta anch’essa le conseguenze di inagibilità dell’opera e di responsabilità dei tecnici e dei politici ed amministratori che hanno approvato e finanziato il progetto illegittimo.
Lo stesso presidente ha fatto presente che la sua associazione (come altre realtà) avevano già segnalato la problematica nel 2003 me nessuno era stato a sentirli al punto che Calatrava in una conferenza stampa tenutasi ieri ha invitato i disabili a “partecipare e dare suggerimenti” prima dell’avvio delle opere, dicendo chiaramente che oramai è tardi (ovvero, non consente di “deturpare” l’opera per renderla a norma). La soluzione al problema – almeno per i disabili motori – sarebbe la cosiddetta “ovovia”, una sfera in cui il disabile può salire scendendo dalla carrozzella, e può percorrere il ponte in 17 minuti.
Quando suddetto può avere dell’incredibile, se non maggiormente incredibile è la motivazione del Sindaco (rilasciata in una video-intervista al Corriere della Sera) in cui lo stesso (riportando quanto detto a suo tempo anche da Calatrava) faceva presente che il comune aveva pensato che per i disabili fosse sufficiente il passaggio in vaporetto. Lascio a voi i commenti…
Sempre in una lettera pubblicata ed indirizzata al Sindaco Cacciari, il presidente della Lega Arcobaleno, Bruno Tescari, di cui riporto un estratto:
“L’associazionismo da tanto tempo ha criticato la presenza delle barriere nel famoso ponte e ultimamente ha fatto in modo che il Presidente della Reubblica non fosse irrispettosamente coinvolto nella inaugurazione di un manufatto vergognosamente fuori legge.
Con la presente, invito l’associazionismo a denunciare alla Magistratura, subito dopo l’apertura del ponte, ai sensi della L. 104/’92, DPR 503/’96, L. 67/06, ecc., il Sindaco ed il Tecnico coinvolto, con l’aggravante che detti soggetti erano stati tempestivamente avvertiti dell’incompletezza del ponte e della discriminazione creata nei confronti delle persone con disabilità motoria e con disabilità visiva ed ipovisiva.
Infatti, va ricordato a lor signori che le barriere architettoniche presenti nel ponte comprendono anche le barriere visive, dalla colorazione ai gradini non marcati, come bene ha ricordato il Presidente della ADV Giulio Nardone in un suo recente intervento.
Ovviamente, se una o più Associazioni decidessero di ricorrere subito dopo l’apertura alla Magistratura, la Lega Arcobaleno chiede di accumunarsi ad esse, versando anche la quota/spesa.
E’ possibile che qualcuno ritenga il ponte, così come è, in regola con la legge poiché ha il requisito della “adattabilità”. Ma tale requisito non appare nel DPR 503/’96 ma solo nella L. 13/’89 che, pero’, riguarda l’edilizia privata.”

Con questa mia lettera volevo portare a vostra conoscenza tale situazione facendo presente che ieri, nel comunicato ufficiale non si è minimamente rimarcata la mancata accessibilità (non si è nemmeno parlato dell’ovovia, che probabilmente pure lo stesso comune ha capito non essere la soluzione idonea) e chiedere, visto che rappresentate e tutelate diverse disabilità, una vostra azione anche in comune per ribadire il rispetto delle normative.
Bisogna comprendere che lasciar passare questo abuso (perchè di abuso si parla sia della 41/86 che del DPR 503/96) verso una struttura che tra l’altro rimarrà per secoli con un nome che richiama la costituzione italiana (di cui ne viola attualmente l’art. 3) significa consentire una discriminazione – oltre che ad una violazione di normative.

Sono disponibile a pubblicare le vostre risposte nel mio sito che raccoglie il dossier sul problema del ponte ed auspico una vostra azione a tutela sia dei vostri associati, sia dell’immagine delle associazioni che rappresentate.
Ciò che oggi è successo a Venezia è un pericoloso precedente: le barriere architettoniche bisogna abbatterle (per gli edifici esistenti, vedi ad esempio le scuole), ed evitarle (per le nuove costruzioni)…

Venezia, 3 settembre 2008
Roberto Scano

Calatrava: ci siam scordati i disabili (di nuovo)

Ed ecco che in occasione della visita del Calatrava, l’assessore ai Lavori Pubblici Mara Rumiz ha rilasciato una dichiarazione stampa dove si vanta del costo dell’opera ed elude completamente il problema dell’accessibilità dell’opera, dichiarando che finalmente è finita.
Grazie assessore, questa era la dichiarazione che i disabili aspettavano per avviare il contenzioso legale! Finalmente il “politically correct” ha lasciato spazio alla “sboronaggine” ed ha portato finalmente fuori il reale pensiero: ignoriamo il disabile, e bolliamolo come polemico.
Complimenti!

COMUNICATO STAMPA
Quarto ponte, l’intervento dell’assessore Rumiz
all’incontro stampa con il sindaco e Calatrava

«Abbiamo l’orgoglio di essere riusciti laddove in passato si sono arenate opere di straordinari architetti: Le Corbusier, Frank Lloyd Wright, Louis Kahn. Abbiamo finalmente rotto il tabù». Così, l’assessore comunale ai Lavori pubblici di Venezia, Mara Rumiz, ha commentato la conclusione dei lavori del Quarto Ponte sul Canal Grande, aprendo l’incontro stampa a Ca’ Farsetti con il progettista del Ponte, Santiago Calatrava e il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari. L’assessore ha espresso forte e sincera soddisfazione per la conclusione dell’opera, anche se manca ancora l’ovovia, che è in fase di costruzione e sarà installata tra qualche tempo. Intorno al ponte si sono addensate polemiche, critiche, clamori, ha annotato Mara Rumiz, che non ha nascosto il fatto che il ponte sia costato molto di più di quanto era stato previsto (l’appalto nel 2002 era stato per 4.074.906 euro, che diventavano 6.720.237 con le somme per rilievi, indagini, monitoraggi, attrezzature, martinetti, oneri tecnici, Iva, saliti oggi rispettivamente a 7.273.162 e 11.276.794) e che molto più lunghi sono stati i tempi per la sua realizzazione (nel 2002 erano stati previsti 456 giorni), ma ha rilevato: «Guardando quest’opera, davvero qualcuno può pensare che potesse costare quattro milioni?»
L’assessore ha detto di avere finora lavorato in silenzio, senza mai prestare il fianco a polemiche e strumentalizzazioni, ma anche di non avere alcuna intenzione di assumersi colpe che questa Amministrazione non ha; anzi, ha rivendicato con orgoglio di avere avuto una parte, una piccola parte, in questa straordinaria opera, il cui merito ha equamente distribuito tra i tanti che hanno collaborato, con un pensiero speciale per tutte le maestranze: quelle dell’Impresa Cignoni per prime, ma anche quelle delle altre imprese, Lorenzon, Fagioli, Saint Gobain, Achille Grassi, ricordando la loro capacità nel realizzare e assemblare pezzi uno diverso dall’altro: 156 tasselli in pietra d’Istria sulle basi del ponte, 300 elementi di pedata e pianerottoli in vetro, 90 pannelli dei parapetti in vetro, 420 tonnellate di struttura d’acciaio, fatta di costole anch’esse una diversa dall’altra.
Mara Rumiz ha annotato le difficoltà di realizzare un prototipo complesso, opera d’arte e struttura funzionale insieme, difficoltà derivate soprattutto dalla sottovalutazione iniziale. Ma accanto a tale complessità – ha aggiunto – ciò che è stato difficile da reggere è l’onda ostile, un’onda di piccoli numeri (il contrapposto entusiasmo che ha accompagnato il varo del ponte ne è la dimostrazione) ma ai quali è stata data un’enfasi straordinaria. «Si è parlato molto di più delle proteste che dell’opera» ha commentato. «E questo è totalmente ingiusto».
«Oltre a rispondere a una funzione di collegamento e di miglioramento della mobilità a Venezia, il Ponte – ha detto l’assessore – ha uno straordinario valore per la tutela (nel senso pieno del termine: conservazione sì, ma anche valorizzazione) della città: una città non solo con la testa rivolta allo splendido passato, ma che sa e vuole candidarsi a essere città del presente e del futuro». E ha concluso: «Proprio noi veneziani, che abbiamo la responsabilità di conservare lo straordinario patrimonio artistico, storico, architettonico, ambientale che abbiamo ereditato, abbiamo l’obbligo di consegnare a chi verrà dopo di noi il segno più alto dell’architettura contemporanea».
Alle “enormi difficoltà” di stimare con esattezza i costi di un’opera d’arte architettonica in sede di preventivo ha fatto accenno anche il sindaco Cacciari, il quale ha citato l’esempio della grande differenza tra preventivo e costo finale delle opere di Carlo Scarpa, che era stato ricordato da Calatrava; «siamo tranquillissimi» ha aggiunto, con riferimento alle indagini della Magistratura contabile «perché sappiamo le ragioni degli aumenti dei costi». «Tutte le carte ci confortano: il ponte non poteva costare di meno» ha continuato, e ha aggiunto: «Sfidiamo qualunque osservatore imparziale a guardare il ponte, i materiali usati, le tecniche di lavorazione e, a meno che non sia in totale malafede, dirà che il ponte non poteva costare di meno!».

Venezia, 2 settembre 2008 / lp