Dopo aver letto l’ennesimo articolo pubblicato da “La Nuova Venezia” oggi 6 settembre, rimango colpito dalla chiusura finale che riporto “E tra qualche giorno il ponte diventerà visibile a tutti, e forse la sua bellezza, che nessuno contesta, cancellerà i ricordi delle inadempienze degli ultimi anni. Un segno della modernità all’entrata del Canal Grande. Ma anche, ripete il sindaco, «un segno per tutti coloro che credono davvero nel futuro di questa città».”
Un paese civile con un sistema democratico non realizza opere pubbliche per “segno della modernità”. Per questo ci sono musei e opere d’arte. Un ponte non è un’opera d’arte, è un’opera funzionale che può anche rivestire carattere artistico. Ma prima di tutto è un’opera funzionale: se non è funzionale, o lo è solo in parte, è snaturata la sua funzione. Se a questo si aggiunge che la funzionalità parziale distingue in categorie persone che sulla carta hanno gli stessi diritti, allora questo ponte è un “mostro normativo”, tutto, ma non “segno della modernità”.
A meno che la modernità non significhi ghetto e esclusione.
Autore: Avv. Antonino Attanasio
Calatrava: il parere dell’avvocato Attanasio
Sono un avvocato e in quanto sordo attento a tutte le questioni che riguardano le persone con disabilità. ho letto con attenzione la vicenda del ponte calatrava a venezia, compresi i riferimenti alle norme di legge e di regolamento.
Sul piano della legalità, o meglio dell’illegittimità dell’opera, non ho nulla da aggiungere a quanto è stato scritto e paradossalmente ribadito anche dall’Amministrazione Comunale.
Mi preme piuttosto mettere in evidenza alcuni aspetti trascurati oppure considerati di poca importanza eppure decisivi.
In primo luogo la stessa Amministrazione ammette l’esistenza di un problema e di una irregolarità e tuttavia insiste per l’apertura dell’opera. In questo modo si è dimostrato che la legge non è uguale per tutti; in secondo luogo che è legge ciò che piace a chi svolge un ruolo decisionale. In questo modo saltano tutti i meccanismi di tutela giurisdizionale e amministrativa, costituzionalmente previsti. Perchè? Perchè i meccanismi di protezione giurisdizionali si basano su presupposti precisi, interesse ad agire e posizione lesa, mentre quello amministrativi sono condizionati dai poteri di nomina del personale politico. Nel momento in cui l’Amministrazione Comunale dà legge a se stessa stravolgendo il tessuto normativo esistente, genera un conflitto di interessi irrisolvibile a livello giudiziario e non praticabile a livello amministrativo.
Altro problema da segnalare è dato dall’assoluta inesistenza di un’etica della disabilità a Venezia in capo ai suoi amministratori. Non aver pensato per tempo non è indice di distrazione, ma di disprezzo per una categoria di cittadini e non cittadini. Inoltre è indicativo di una politica mirante all’espulsione strisciante, mediante attività che rendano impossibile la vivibilità, delle persone con disabilità da Venezia.
In conclusione posso dire che i veneziani sono responsabili delle polemiche sul ponte Calatrava. Ma quali veneziani? Quelli che hanno legittimamente espresso la volontà elettorale di vedere insediata questa Amministrazione. Il caso “ponte Calatrava” è un problema politico, nel senso che è un problema radicale che investe l’intelligenza di chi esprime la propria volontà nel segreto dell’urna e investe la correttezza e la “professionalità” politica di chi si propone alle cariche amministrative.