Calatrava: vaporetto come alternativa?

In questi giorni mi è capitato spesso di discutere con diverse presone riguardo al problema del ponte di Calatrava a Venezia e sulla soluzione alternativa del vaporetto, più volte evocata dall’amministrazione comunale e da ex-assessori delle amministrazioni precedenti.
Sono quindi andato a spulciarmi il DPR 503/96.
Innanzitutto all’art. 1 comma 2 è ben chiara la definizione di “barriera architettonica”:

2. Per barriere architettoniche si intendono:
a) gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilita di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacita motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
b) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di spazi, attrezzature o componenti;
c) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.

Innanzitutto penso sia incontestabile che il ponte di Calatrava a Venezia rientra nei casi a) e c).
Proseguendo con la lettura del DPR 503/96, a mio avviso il ponte rientra anche nella casistica degli spazi pedonali: non dimentichiamoci che Calatrava ha sempre detto che ha voluto il ponte largo proprio per viverlo…

Spazi pedonali

  1. I progetti relativi agli spazi pubblici e alle opere di urbanizzazione a prevalente fruizione pedonale devono prevedere almeno un percorso accessibile in grado di consentire con l’utilizzo di impianti di sollevamento ove necessario, l’uso dei servizi, le relazioni sociali e la fruizione ambientale anche alle persone con ridotta o impedita capacita motoria o sensoriale.

Ed anche qui mi pare che non ci siamo proprio… l’eventuale ovovia chiaramente non consente – quantomeno – le relazioni sociali.
Se invece passiamo alle scale (art. 7), a mio avviso non ci siamo proprio:

Scale e rampe

  1. Per le scale e le rampe valgono le norme contenute ai punti 4.1.10., 4.1.11. e 8.1.10., 8.1.11. del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236. I percorsi che superano i 6 metri di larghezza devono essere, di norma, attrezzati anche con corrimano centrale.

Va fatto presente che nel sito del Comune di Venezia è riportato che “la lunghezza totale misurata dai gradini risulta invece di 94 metri e la larghezza totale varia tra i 9.38 metri in mezzeria dell’impalcato e i 5.58 metri all’inizio.
Il vaporetto, quindi, può solo esser visto come “soluzione alternativa”, prevista dall’art. 19 del già citato DPR.

Deroghe e soluzioni alternative

  1. Le prescrizioni del presente regolamento, sono derogabili solo per gli edifici o loro parti che, nel rispetto di normative tecniche specifiche, non possono essere realizzati senza dar luogo a barriere architettoniche, ovvero per singoli locali tecnici il cui accesso è riservato ai soli addetti specializzati.
  2. Negli edifici esistenti sono ammesse deroghe alle norme del presente regolamento in caso di dimostrata impossibilità tecnica connessa agli elementi strutturali o impiantistici.
  3. Per gli edifici soggetti al vincolo di cui all’art. 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (1), e all’art. 2 della legge 1° giugno 1939, n. 1089 (2), la deroga è consentita nel caso in cui le opere di adeguamento costituiscono pregiudizio per valori storici ed estetici del bene tutelato; in tal caso il soddisfacimento del requisito di accessibilità è realizzato attraverso opere provvisionali ovvero, in subordine, con attrezzature d’ausilio e apparecchiature mobili non stabilmente ancorate alle strutture edilizie. La mancata applicazione delle presenti norme deve essere motivata con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio.
  4. La deroga è concessa dall’amministrazione cui è demandata l’approvazione del progetto e della stessa si dà conto nell’ambito dell’atto autorizzativo. La stessa deroga viene inoltre comunicata alla Commissione di cui all’art. 22.
  5. Sono ammesse eventuali soluzioni alternative, così come definite all’art. 7.2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, purché rispondenti ai criteri di progettazione di cui all’art. 4 dello stesso decreto.

Leggendo tutti e cinque i punti, è chiaro che presumibilmente l’amministrazione comunale consideri il vaporetto soluzione alternativa rispetto al quinto punto.
E’ quindi bene citare anche l’art. 7.2 del DM 14 giugno 1989, n. 236:

7.2 Tuttavia in sede di progetto possono essere proposte soluzioni alternative alle specificazioni e alle soluzioni tecniche, purchè rispondano alle esigenze sottointese dai criteri di progettazione.
In questo caso, la dichiarazione di cui all’art. 1 comma 4 della legge n. 13 del 9.1.1989 deve essere accompagnata da una relazione, corredata dai grafici necessari, con la quale viene illustrata l’alternativa proposta e l’equivalente o migliore qualità degli esiti ottenibili.

Leggendo l’art. 4 dello stesso DM si comprende come la soluzione del vaporetto possa essere considerata buona se – chiaramente – il trasporto avviene in sicurezza, in particolar modo che l’imbarco e lo sbarco avvenga tramite soluzioni idonee al transito di disabili in modo autonomo.
Ed è proprio sull’autonomia, a mio avviso, che il vaporetto non risulta idoneo come soluzione alternativa. Siete mai saliti in un vaporetto? Quelli di ultima generazione, “a norma” per i disabili riportano (come prevede la normativa) il logo blu con la persona in sedia a ruote in quanto hanno delle attrezzature interne alla cabina passeggeri per consentire alla persona in sedia a ruote di potersi agganciare.
A parte la difficoltà di giungere a destinazione dovuta dall’affollarsi dei mezzi (la persona con sedia a ruote difficilmente riuscirebbe a cinghiarsi nel tratto tra Ferrovia e Stazione Venezia S. Lucia), ma sfido chiunque a salire e scendere in modo autonomo dai mezzi.
Ci possono essere dei casi in cui il livello del vaporetto è perfettamente a livello dell’imbarcadero ma questo è un caso remoto in quanto vi sono molte variabili:

  • il numero di passeggeri (ed il relativo peso);
  • lo stato degli imbarcaderi (gli imbarcaderi imbarcano anche acqua… e spesso quindi non sono tutti allo stesso livello;
  • lo stato dell’acqua: non sempre è calma e tranquilla, grazie al moto ondoso dei mezzi di trasporto (considerando che la tratta Ferrovia / Piazzale Roma è una delle tratte ove vi sono più mezzi pubblici).
  • l’abilità del personale di bordo ACTV, ovvero l’abilità nel tenere il mezzo accanto all’imbarcadero senza improvvisi allargamenti.

A mio avviso l’unica sicurezza che ha un disabile in sedia a ruote che si muove in modo autonomo (come prefede la normativa), con questa situazione, è di cadere (a terra, se non in acqua).
Chiudo il post con una piccola ripresa che dimostra l’instabilità del rapporto tra mezzo di trasporto ed imbarcadero, considerando che ho ripreso in un momento che era quasi a livello tra i due passaggi e con poco moto ondoso.

Si nota una mamma che entra con una carrozzella “4×4″… ma immaginate sia possibile che un disabile su sedia a ruote salire e scendere in modo autonomo? E non diciamo che c’è il marinaio di supporto… La legge non prevede il marinaio di supporto all’accessibilità ma l’accessibilità a supporto del disabile 🙂