Calatrava: non è un’opera pubblica?

Leggo su superando non certo poco contrariato un’intervista all’urbanista Roberto D’Agostino (già assessore all’urbanistica nel 2002 con il sindaco Paolo Costa) di cui riporto un estratto:

Come è stato detto in molti interventi di questi giorni, la cosiddetta ovovia che arrancherà su un lato del ponte della Costituzione [tale denominazione non è ancora ufficiale. Si tratta infatti, al momento, di una proposta del sindaco di Venezia Massimo Cacciari, N.d.R.] non verrà mai utilizzata: per la sua scomodità, per la sua lentezza, per il disagio, anche simbolico, che ne caratterizza l'uso e perché là dove parte questo ridicolo aggeggio, parte anche un grande numero di vaporetti che in tre minuti uniscono i due lati della città.
Nonostante questo, si stanno spendendo un sacco di soldi a cui vanno aggiunti gli ignoti, ma certamente grandi, oneri di gestione che peseranno anno dopo anno sulla città, per realizzare un'opera del tutto e dichiaratamente inutile.

Si dice che si tratta di un intervento indispensabile per legge in quanto un'opera pubblica dev'essere priva di barriere architettoniche e che è stato un errore (del progettista, dell'Amministrazione?) non avere previsto in sede di progettazione un supporto meccanico per l'attraversamento del ponte. Due affermazioni non vere.
Innanzi tutto se si guardano le spallette terminali in pietra d'Istria, si vedrà che esse hanno un alloggiamento pensato da Calatrava per accogliere il servo scala, qualora fosse stato necessario. Anche il servo scala non verrebbe mai utilizzato, ma almeno costerebbe una frazione dei costi dell'ovovia e non creerebbe pregiudizi alla qualità dell'opera.
Ma c'è di più. Il ponte non è un'opera pubblica che debba essere fruita in quanto tale (e infatti l'ovovia non ne consente la fruizione, ma è un aggeggio posticcio che corre a lato del ponte e potrebbe benissimo essere altrove), bensì una delle strutture di collegamento tra due parti della città – Piazzale Roma e la Ferrovia – che debbono essere raggiunte senza che vi siano barriere architettoniche. Come per collegare i diversi piani di un edificio pubblico vi sono le scale e gli ascensori, per collegare quelle due parti di città vi sono i ponti (le scale) e i vaporetti (gli ascensori). Si può dire anzi che quella è una delle poche parti di Venezia accessibile a tutti.
Dunque la polemica sulle barriere architettoniche relative a quella specifica opera può essere capita e, in questo senso, può anche avere avuto una forte e giusta funzione simbolica, come uso strumentale del nuovo ponte progettato da un grande architetto per porre un problema reale che riguarda tutta Venezia (ma non, paradossalmente, quella parte di città).
In conclusione, non solo il ponte dovrebbe essere inaugurato con orgoglio e senza i timori di una contestazione becera e strumentale, ma si dovrebbe anche avere il coraggio di interrompere la realizzazione della ridicola, costosa e inutile ovovia.

Secondo d’Agostino, sin dal titolo del suo intervento sulla stampa locale, i veneziani non sono all’altezza della città. Ma non è forse che sono gli amministratori a non essere all’altezza nell’applicazione di normative già citate più volte? A questo punto mi viene fortemente il dubbio che non si è trattato di una dimenticanza ma di una interpretazione (a mio avviso errata) di una normativa solo fine di non danneggiare il ponte e fatta dai “fan del mattone” (rubo questa frase virgolettata dalle dichiarazioni dell’ex consigliere delegato alle problematiche della disabilità, il sig. Toso) tra cui presumo rientri anche questo urbanista…