Calatrava: il parere di Alberto Arenghi

La discussione è sempre più animata: Procuratore generale, prof. Cucciniello, avv. Attanasio e nel frattempo Cacciari (…e se si prendesse un po’ di ferie andando alla festa del PD a Firenze!) che divide i suoi cittadini tra ‘particolarmente intelligenti’ e ‘stupidini’, che dichiara di aver accettato con gioia le dimissioni di Toso, etc…
Con un pizzico di presunzione vorrei fare il punto della situazione (a voi tutti il compito di completare il quadro!):

  • il ponte, da un punto di vista formale, è sicuramente bellissimo e l’operazione di ‘dotare’ finalmente Venezia di un’opera contemporanea è senza dubbio una conquista, un atto coraggioso e dovuto: tutto ciò è innegabile!;
  • l’architettura non ‘si riduce’ a un ‘gesto artistico’. Secondo Vitruvio (che non era proprio l’ultimo degli imbecilli!), l’architettura ha tre componenti fondamentali: firmitas (solidità); utilitas (funzione, destinazione d’uso); venustas (bellezza). In un passo del ‘De Architectura’ afferma «Tutte queste costruzioni devono avere requisiti di solidità, utilità e bellezza. Avranno solidità quando le fondamenta, costruite con materiali scelti con cura e senza avarizia, poggeranno profondamente e saldamente sul terreno sottostante; utilità, quando la distribuzione dello spazio interno di ciascun edificio di qualsiasi genere sarà corretta e pratica all’uso; bellezza, infine quando l’aspetto dell’opera sarà piacevole per l’armoniosa proporzione delle parti che si ottiene con l’avveduto calcolo delle simmetrie».
    Possiamo quindi dire che il ponte di Calatrava ha soddisfatto la venustas, così così la firmitas, mentre l’utilitas è stata completamente ‘dimenticata’;
  • è importante non perdere di vista che un ponte pedonale non assolve soltanto alla funzione di passare, attraversare, scavalcare, superare, connettere parti della città o luoghi geografici topograficamente separati. Progettare un ponte pedonale significa pensare ad un tratto di un percorso in ambito urbano da ‘armonizzare’ nel contesto in cui è inserito (impatto ambientale), oppure, al contrario, pensare ad un’icona, un mezzo per la riqualificazione di una porzione di tessuto urbano. L’uso dei ponti pedonali è legato ad un’interazione più vicina, più ‘intima’, con l’utente e quindi lo studio dei particolari costruttivi e dei materiali impiegati è rilevante poiché il ponte diviene punto d’incontro, luogo panoramico oltre che tratto di un percorso.
    Il ponte è una costruzione che riassume in sé molti significati simbolici: è sinonimo di unione fra popoli, culture e realtà, è l’archetipo del superamento degli ostacoli (non è un caso che il ponte sia stato scelto come tema conduttore delle banconote in Euro), e quindi non può essere, in alcun modo, sinonimo dell’esclusione rappresentando o diventando una barriera architettonica;
  • per far contenti Cucciniello e Cacciari, ricordo che il 13 dicembre 2000 fu inaugurata allo IAUV (io ero presente!) ArchEtica. In quell’occasione prese parola anche Cacciari che disse “[…] Bello nella sua radice significa una cosa che sta bene insieme, che è integra, che sta in piedi, che funziona nel senso che fa abitare, nel caso specifico dell’Architettura, che permette una eudemonia, come dicevano i Greci, uno star bene, cioè un abitare, un sentirsi a casa, un sentirsi a casa con gli altri…Il Bello è sinonimo di questa ArchEtica, perché non si può star bene, non si può abitare, non si può essere abitante se non in uno spazio che liberi, che faccia dialogare, che permetta l’andare e il venire, che non abbia barriere, barriere per nessuno…L’Architettura contemporanea forse ha dimenticato questi significati originari, ha dimenticato che l’Architettura é “costruzione dell’abitare”, che l’Architettura è “ecologia”. L’Architettura é definizione di un ambiente senza barriere, di un ambiente di liberta, di un ambiente di comunicazione, di comunità, e questo vale per il tema specifico di oggi […]”;
  • questione ‘ovovia’: la soluzione è stata presentata nel luglio del 2005, dopo che la querelle dell’inaccessibilità del ponte scoppio nel gennaio 2002 a seguito di un arguto editoriale sul Corriere della Sera a firma di Gian Antonio Stella. Quella soluzione fu subito giudicata ‘con indifferenza’ dalle associazioni e il sottoscritto la bollò come un ‘accanimento tecnologico’ (peraltro mi fa piacere che Cuccinilello fa propria questa espressione nella sua lettera di oggi a Cacciari): era chiaro a tutti che fosse un ‘tacòn’ che aveva il solo scopo di ‘parare il fondoschiena’ all’Amministrazione di fronte alla normativa che dice che un’opera pubblica deve essere accessibile a tutti.
    In quell’occasione si cercò di vedere ‘il bicchiere mezzo pieno’: la battaglia per la vera accessibilità del ponte era persa, ma Venezia si parlava di ‘effetto Calatrava’ visto che con impegno, solerzia e determinazione il consigliere Toso (nominato delegato del sindaco per il superamento delle barriere architettoniche dallo stesso Cacciari che oggi ‘con gioia’ accetta le dimissioni) aveva incominciato, con un gruppo di tecnici comunali, un serio lavoro sul tema dell’accessibilità di Venezia destando interesse anche al di fuori della città lagunare;
  • le dichiarazioni del Procuratore generale Ennio Fortuna, seppure ‘vacanziere’, sono preoccupanti: “…La proibizione della legge è superabile solo con un altro atto legislativo. In pratica occorrerebbe chiedere una deroga al governo che potrebbe provvedervi con un decreto d’urgenza, condizionandolo eventualmente al rilascio di biglietti gratuiti per il vaporetto che in pochi minuti effettua lo stesso, identico percorso. Altrimenti occorrerebbe attendere il collaudo dell’ovovia, ma poi consentire comunque ai disabili, anche non veneziani, l’uso gratuito del vaporetto o di altro mezzo acqueo, altrimenti saremo punto ed a capo…”. Basta una ‘deroga con un decreto d’urgenza’ per risolvere un illecito?…Almeno prima con ‘più pudicizia’ si proponevano i condoni!…Mi immagino un futuro di pieno di deroghe con decreti d’urgenza per risolvere gli illeciti!;
  • sono dieci giorni che il buon Roberto Scano ha ri-lanciato la tematica dell’accessibilità del ponte e i ‘potenti’ l’hanno subito declassata a polemica strumentale. In tutta la vicenda, a partire dal 2002, questi signori e i loro codazzi non hanno mai voluto capire che il tutto era mosso dal serio intento di discutere di ‘cultura dell’inclusione sociale’, di ‘cultura progettuale’, di ‘civiltà e progresso’! In questi giorni su questo sito abbiamo visto che le scelte progettuali del buon Calatrava non sono funzionali per i disabili motori, i non vedenti e gli ipovedenti, per le mamme e i papà che spingono un passeggino, per chi si appoggerà al parapetto di ottone reso rovente dal sole, per i veneziani che usano il carrello per la spesa, per i turisti che utilizzano i trolley, per i commercianti veneziani che usano un carrello, per chi -vedendoci benissimo- transiterà sul ponte quando c’è buio (se non verrà abbagliato, dovrà comunque fare ‘la caccia al gradino’ – diventerà un classico veneziano che supererà il carnevale -)…..ma chi lo attraverserà incolumeno questo ponte! (…e ricordare a Calatrava che da qualche anno in molti studiano e progettano secondo i criteri del Design for All?!?);
  • si è solo accennato ai temi della manutenzione: ma probabilmente qualcuno con preoccupazione ci sta già pensando. Lo stesso Calatrava ha realizzato a Murcia e a Bilbao ponti con piano di calpestio in vetro che stanno costando centinaia di migliaia di euro di manutenzione. A Bilbao poi nonostante il ponte sia stato progettato per un agevole attraversamento da parte di tutti, il piano di calpestio in vetro si è trasformato in una vera e propria fonte di pericolo perchè le lastre di vetro sono notoriamente sdrucciolevoli una volta bagnate. Al comune sono pervenute numerose richieste di risarcimento danni per gli incidenti accorsi sul ponte tanto che ad un certo punto la passerella è stata anche chiusa. Ne è nata una querelle con Calatrava il quale per primo stava richiedendo un risarcimento per presunti diritti d’autore, particolarmente irritato quando le autorità della città hanno incaricato l’architetto giapponese Arata Isozaki di collegare il suo nuovo complesso residenziale con il ponte e le due installazioni sono per Calatrava in vigoroso disaccordo. Il sindaco di Bilbao (che non è un fine docente di filosofia dell’estetica) ha ‘chiuso la bocca’ a Calatrava rispondendogli: “Le pitture di Goya sono opere d’arte; un ponticello è fatto affinchè la gente ci cammini sopra”.

Se siete arrivati in fondo a questo mio post, complimenti! Temo, tuttavia, di aver dimenticato qualcosa che spero qualcun’altro metterà in evidenza!

Ing. Alberto Arenghi (Dipartimento di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio e Ambiente – Università di Brescia)